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Fino al 19 marzo Palazzo Medici Riccardi a Firenze propone nelle Sale Fabiani la mostra dedicata all’intellettuale antifascista Carlo Levi.

La mostra, promossa da Città Metropolitana di Firenze con il patrocinio di Regione Toscana, Comune di Firenze e Città di Torino, organizzata dalla Fondazione Giorgio Amendola in collaborazione con la Fondazione Carlo Levi, il centro Unesco e l’Associazione MUS.E e curata dal professor Pino Mantovani su progetto della Fondazione Carlo Levi,  vede  esposte 34 opere e disegni dello scrittore torinese.

L’esposizione racconta il soggiorno fiorentino di Carlo Levi a Firenze (1941 – 1945), nel periodo degli anni di guerra e dell’occupazione nazista fino alla lotta di Liberazione, alla ripresa della vita pubblica democratica nella città liberata dalla Resistenza sotto il governo autonomo.

A Firenze, nell’ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale, Levi scrisse il suo primo e più noto libro, Cristo si è fermato a Eboli, su  volti, storie e personaggi del suo confino a Grassano e ad Aliano in Lucania, alla scoperta dell’Italia contadina e arcaica fuori dai tempi della storia e che fatica a mettersi in relazione con la mitologia del fascismo.

In mostra ci sono  le opere dipinte durante il confino ad Aliano, come 1935-1936, Tonino, Dietro Grassano, La Strega e il bambino e La figlia scarmigliata della Strega e da li il romanzo ricostruirà il peso e il significato di quella esperienza che segnerà la vita di Levi scrittore meridionalista, pittore e uomo politico.

C’è anche una galleria di ritratti, la madre, le donne amate e gli amici, la compagna del tempo Paola Levi Olivetti, per la quale decise di trasferirsi a Firenze abbandonando l’ipotesi di una figa in America, e Anna Maria Ichino, la partigiana che lo accolse nel rifugio di Piazza Pitti 14 e che lo amò per una breve stagione.

In quel periodo Levi ebbe una serie di rapporti con i grandi protagonisti del mondo intellettuale antifascista a Firenze, come  scultore Alfieri, il pittore Colacicchi, i letterati Montale, Bazlen e Cancogni, lo scrittore psichiatra Mario Tobino, e Leone Ginzburg che morirà nell’estate del 1944. Per la prima volta sono esposti in una mostra di Carlo Levi anche due dei tre quadri, provenienti da una collezione privata, realizzati per il suo amico scrittore Giuseppe Brancale e il suo romanzo Echi nella valle (1973).

Agli inizi degli anni Cinquanta Levi fece una serie di viaggi nell’Italia meridionale in cui respira il clima della passione civile, delle lotte dei contadini-operai che sono ormai consapevoli della loro misera condizione e reclamano il riscatto sociale, con opere come le Contadine rivoluzionarie, Il nonno, la contadina calabrese, ma anche chi ha lottato per la giustizia, come Salvatore Carnevale, sindacalista siciliano ucciso dalla mafia, e il sociologo-attivista della non violenza Danilo Dolci.

In mostra c’è anche una riproduzione di Lucania ’61, commissionato all’artista da Mario Soldati per rappresentare la Basilicata nel Padiglione della mostra delle Regioni a Torino in occasione delle celebrazioni per il Centenario dell’Unità d’Italia, conservato presso il Museo Nazionale di Matera, che riassume tutta la visione leviana della questione meridionale filtrata dalla vicenda di Rocco Scotellaro.

La riproduzione esposta proviene dalla sede della Fondazione Giorgio Amendola e Associazione lucana in Piemonte, a Torino.

La mostra è visitabile tutti i giorni, escluso il mercoledì, dalle 9 alle 19, con l’ultimo ingresso alle 18.