Il re della letteratura italiana del primo Novecento, con una vita che sembra quasi un romanzo…

Gabriele d’Annunzio nacque a Pescara il 12 Marzo 1863 da Francesco D’Annunzio e Luisa de Benedictis, terzogenito di cinque fratelli e fin dalla prima infanzia spiccò tra i coetanei per intelligenza e la precocissima capacità amatoria.

Il padre lo iscrisse al reale collegio Cicognini di Prato, celebre per gli studi severi e rigorosi e li Gabriele fu un allievo irrequieto, ribelle e insofferente alle regole collegiali, ma studioso, brillante, intelligente e deciso a primeggiare.

Nel 1879 scrisse una lettera a Giosuè Carducci, nella quale chiese di potergli inviare alcuni suoi versi, nello stesso anno a spese del padre pubblicò l’opera Primo Vere, che fu però sequestrata ai convittori del Cicognini per i suoi accenti sensuali e scandalistici, ma fu recensita favorevolmente dal Chiarini sul Fanfulla della domenica.

Al termine degli studi liceali conseguì la licenza d’onore; ma fino al 9 luglio non tornò a Pescara e si recò a Firenze, da Giselda Zucconi, detta Lalla, il suo primo amore, che gli ispirò i componimenti di Canto Novo.

Nel novembre 1881 D’Annunzio si trasferì a Roma per frequentare la facoltà di lettere e filosofia, ma si immerse con entusiasmo negli ambienti letterari e giornalistici della capitale, trascurando lo studio universitario, collaborò al Capitan Fracassa e alla Cronaca Bizantina di Angelo Sommaruga e pubblicò nel maggio 1882 Canto Novo e Terra Vergine.

Inoltre si sposò con la duchessina Maria Altemps Hordouin di Gallese, figlia dei proprietari di palazzo Altemps, di cui D’Annunzio frequentava assiduamente i salotti, anche se fu osteggiato dai genitori di lei.

Mentre lo scrittore era perseguitato dai creditori, a causa del suo stile di vita eccessivamente dispendioso, nacque il primogenito Mario, oltre a continuare la collaborazione con il Fanfulla, occupandosi di costume e aneddoti sulla società dei salotti.

Nell’aprile 1886 nacque il secondo figlio, ma D’Annunzio riacquistò l’entusiasmo artistico e creativo solo quando incontrò ad un concerto Barbara Leoni, ossia Elvira Natalia Fraternali.

La relazione con la Leoni creò non poche difficoltà a D’Annunzio che, desideroso di dedicarsi a un romanzo, si ritirò in un convento a Francavilla dove scrisse in sei mesi Il Piacere.

Nel 1893 Gabriele dovette affrontare un processo per adulterio, che non fa altro che far nascere nuove avversità nei confronti del poeta negli ambienti aristocratici.

I problemi economici spinsero D’Annunzio ad affrontare una situazione difficile, dove , oltre ai debiti da lui contratti, si sommarono quelli del padre,  deceduto il 5 giugno 1893.

Il 1894 cominciò nella solitudine del convento, dove D’Annunzio elaborò Trionfo della morte e in settembre, a Venezia, conobbe  Eleonora Duse, già avvicinata a Roma in veste di cronista della Tribuna.

In autunno si stabilì nel villino Mammarella, a Francavilla, dove avviò la stesura del romanzo Le vergini delle rocce, apparso a puntate sul Convito e poi in volume presso Treves nel 1896.

Nell’estate 1901 scrisse il dramma Francesca da Rimini, anche se questi furono anni contrassegnati dall’intensa produzione delle liriche di Alcyone, e del ciclo delle Laudi, poi si trasferì a villa Borghese dove elaborò la Figlia di Iorio, , rappresentato al Lirico di Milano, che ebbe  un enorme successo grazie all’interpretazione di Irma Gramatica.

Con il legame tra la Duse e D’Annunzio ormai alla fine, il poeta ospitò alla Capponcina, la sua  residenza estiva in Toscana, Alessandra di Rudinì, vedova Carlotti, con cui visse una vita lussuosa e mondana.

Nel maggio 1905 Alessandra si ammalò gravemente, travolta dal vizio della morfina e  D’Annunzio la assistè affettuosamente ma, dopo la sua guarigione, la abbandonò, per la contessa Giuseppina Mancini.

Le difficoltà economiche spinsero D’Annunzio ad abbandonare l’Italia e a recarsi nel marzo 1910 in Francia, con un nuovo amore, la giovane russa Natalia Victor de Goloubeff.

La permanenza lo vide diventare amico della pittrice Romaine Brooks, Isadora Duncan e la danzatrice Ida Rubinstein, a cui dedicò il dramma Le martyre de Saint Sébastien, musicato in seguito da Claude Debussy.

Nel 1912 compose la tragedia in versi Parisina, musicata da Pietro Mascagni e, dopo aver collaborato alla realizzazione del film Cabiria di Giovanni Pastrone, scrisse la sua prima sceneggiatura cinematografica, La crociata degli innocenti.

Il soggiorno francese terminò all’inizio della guerra, considerata da D’Annunzio l’occasione atta ad esprimere con l’azione gli ideali  che aveva affidato produzione letteraria.

Inviato dal governo italiano a inaugurare il monumento dei Mille a Quarto, D’Annunzio, il 14 maggio 1915 rientrò in Italia, si arruolò come tenente dei Lancieri di Novara e partecipò a numerose imprese militari.

Nel 1916 un incidente aereo gli causò la perdita dell’occhio destro e, assistito dalla figlia Renata, nella casetta rossa di Venezia, D’Annunzio visse  tre mesi nella immobilità e al buio, componendo la prosa memoriale e frammentaria del Notturno.

Tornato all’azione si distinse nella Beffa di Buccari e nel volo su Vienna con il lancio di manifestini tricolori, ma considerò l’esito della guerra “Una vittoria mutilata”.

A favore dell’annessione dell’Istria e della Dalmazia, il poeta decise di passare all’azione, con i suoi uomini si diresse verso su Fiume e la occupò il 12 settembre 1919, per poi essere costretto dal governo italiano ad andarsene poco tempo dopo.

Dopo l’avventura di Fiume D’Annunzio elesse come sua dimora la villa Cargnacco sul lago di Garda, oggi nota come il Vittoriale degli Italiani.

Nel 1924, dopo l’annessione di Fiume,  il re, consigliato da Mussolini,  nominò il poeta  Principe di Montenevoso,

Al Vittoriale Gabriele ospitò la pianista Luisa Bàccara, Elena Sangro che gli rimase accanto dal 1924 al 1933, oltre alla pittrice polacca Tamara De Lempicka.

L’opera più autentica dell’ultimo D’Annunzio è il Libro segreto, a cui affidò riflessioni e ricordi nati da un ripiegamento interiore ed espressi in una prosa frammentaria poco prima della scomparsa,  avvenuta nel suo Vittoriale nella notte dell’1 marzo 1938.