Fino al 2 luglio, presso il Museo Ettore Fico di Torino, è da vedere la mostra Nino Migliori. Variazioni sulla fotografia.
La mostra si snoda attraverso più di settanta anni di produzione artistica del grande fotografo, con un approccio originale che mostra le opere in riferimento agli elementi determinanti nel processo creativo.
Abbandonando la classica configurazione cronologica o la consueta divisione per approccio concettuale, sperimentale o realista, il percorso ha lo scopo di evidenziare le infinite variazioni sulla fotografia realizzate da Migliori grazie agli elementi del tempo, del segno e dello spazio.
Nino Migliori è nato a Bologna nel 1926, città nella quale vive e lavora ancora oggi, e iniziò il suo lavoro come fotografò nel 1948.
Nell’immediato dopoguerra si avvicinò al circolo fotografico Bolognese e inaugura un’intensa attività che si svilupperà tra sperimentazione, fotografia formalista, realista, muri cioè temi, soggetti, motivi, linee di ricerca che continueranno a caratterizzare il suo lavoro sino ad oggi.
Con gli amici Tancredi ed Emilio Vedova il giovane Nino frequentò il salotto di Peggy Guggenheim a Venezia ed è a quegli incontri, come quelli a Bologna con autori come Vasco Bendini, Vittorio Mascalchi, Luciano Leonardi e altri, che ebbe sostegno e affinità culturale.
La sperimentazione sui materiali e sul linguaggio è il tratto fondamentale che caratterizza la produzione di Nino Miglior, divise in Ossidazioni, Pirogrammi, Cellogrammi, Lucigrammi, Idrogrammi, tecniche inventate da la lui stesso, ma anche in Fotogrammi, Foro stenopeico, Cliché-verre, oltre a delle foto realiste con una particolare idea di racconto in sequenza.
Negli anni Sessanta Migliori proseguì la sua riflessione partendo da Antimemoria (1968) a Il tempo dilatato (1974) da In immagin abile (1975) a Segnificazione (1978) e negli anni Ottanta è la polaroid che fu indagata, tramite una molteplice ricerca innovativa sul mezzo e la serie di manipolazioni divise in Polapressures e Polaori.
Con gli anni Novanta Migliori si avvicinò al mezzo digitale scansionando le sue foto, che per mezzo di elaborazioni si trasformano in Trasfigurazioni.
Dagli anni Duemila realizzò numerose installazioni da Così in cielo (2000-2003) a Orantes (2011-2012), da Checked-one year under control (2002) a Il tempo rallentato-in vitro (2013), da Marmografie (2004) a Gocce e bollicine (2014) mentre Scattate e abbandonate (2013) è costituita dalle fotografie rifiutate e mai ritirate dai laboratori fotografici che Migliori dal 1978 ha raccolto per qualche anno.
La progettualità, che sta alla base di ogni suo lavoro, portano Nino a realizzare lavori che necessitano di strumenti appositi come il caleidoscopio per ritratti Dreamhair (2005), il bastone per una lettura dal basso di New York (2005), il dispositivo per un doppio scatto, anteriore e posteriore, noto come Crossroaads (2006) oltre ad innovativi punti di luce come nella serie A lume di candela, iniziata nel 2006 con Terra incognita. Lo zooforo del Battistero di Parma e che prosegue con il Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca (2012), le Metope del Duomo di Modena (2015) fino alla mostra Lumen | Cristo velato, dedicata al capolavoro settecentesco di Giuseppe Sanmartino.