boccaccio biografia opere

Lo scrittore che raccontava le storie dell’Italia del Trecento…

Giovanni Boccaccio nacque  nel 1313 a Certaldo, probabilmente a giugno e il padre, Boccaccino da Chelino, era un ricco e potente mercante appartenente alla cerchia dei Bardi, la madre era di bassa estrazione sociale.

Il piccolo Giovanni era nato al fuori dal matrimonio e, sei anni dopo la sua nascita, il padre si sposò con Margherita da Mardoli.

Sin da piccolo Boccaccio ebbe una forte inclinazione per gli studi letterari che coltivava da autodidatta, soprattutto sulla letteratura latina, imparando a padroneggiare perfettamente la lingua, oltre ad interessarsi alla poesia di Dante Alighieri, al cui studio fu  iniziato da Giovanni Mazzuoli da Strada.

Il padre non era contento delle inclinazioni letterarie del figlio, e lo inviò a Napoli perché imparasse il mestiere di mercante presso la Banca Bardi, ma lo scarso successo di Giovanni in questo mestiere, spinse Boccaccino a indirizzare il figlio verso il diritto canonico.

Giovanni aveva  diciotto anni e, per quanto cercasse di seguire le indicazioni paterne, non riuscì neanche in questo secondo tentativo, mentre durante il soggiorno napoletano frequentò la corte, dato che Boccaccino era consigliere e ciambellano del re Roberto.

In quegli anni lo scrittore pubblicò Filostrato (1336-1338), poemetto in ottave con protagonista il giovane Troilo perdutamente innamorato di Criselda, il romanzo in prosa Filocolo (1336-39) e il poemetto epico Teseida delle nozze d’Emilia (1339-1340).

Nel 1340 Giovanni tornò improvvisamente a Firenze richiamato dal padre a seguito del dissesto finanziario di alcune banche di cui è investitore.

Dopo che il padre morì durante la peste del 1348,  Giovanni fu libero di dedicarsi ai suoi studi con una serie di maestri come Paolo da Perugia e Andalò del Negro.

Il cambiamento da Napoli a Firenze fu però difficile, e, come scrisse nella Elegia di Madonna Fiammetta, non trovò  l’ambiente lieto e pacifico di Napoli in una Firenze che definì triste e noiosa e da li fu fondamentale la figura di Fiammetta che dominerà i suoi scritti per lungo tempo, incarnazione poetica di una figlia del re Roberto d’Angiò.

La peste nera del 1348 fu lo spunto per il suo capolavoro Decameron (1348-1351) dove dieci giovani, fuggiti presso la chiesa di Santa Maria Novella per fare in modo che il tempo trascorra al meglio, si raccontano dieci novelle al giorno.

Fino al 1559 il testo fu proibito, ma con l’introduzione della stampa comincia ad essere uno dei più popolari e diffusi.

Nel periodo 1347-1348 Giovanni fu ospite a Forlì di Francesco Ordelaffi il Grande, dove conobbe due poeti, Nereo Morandi e Francesco Miletto de Rossi, con i quali fu a lungo in contatto, oltre a svolgere molti incarichi pubblici e di rappresentanza per la sua città, come la consegna di dieci fiorini d’oro alla figlia di Dante Alighieri, diventata nel frattempo Suor Beatrice.

Tra il 1354 e il 1365 Boccaccio fu ambasciatore anche ad Avignone presso i pontefici Innocenzo VI e Urbano V, oltre a imparare finalmente il greco.

Nel 1359 conobbe il monaco calabrese Leonzio Pilato che vive presso la sua abitazione dal 1360 al 1362 con il compito di tradurre l’Iliade e l’Odissea, che gli era stara commissionata da Francesco Petrarca.

Boccaccio conobbe personalmente Petrarca grazie ad un incontro in campagna mentre questi  era diretto a Roma per il Giubileo del 1350.

In questo periodo lo scrittore visse nella sua Certaldo, dove scrisse  opere in latino come la Genealogia Deorum Gentilium e l’opera in volgare Corbaccio, anche se visse una serie di difficoltà economiche dovute ai problemi delle Banche Bardi.

Da allora Giovanni si divise tra gli incarichi pubblici a Firenze e il commento della Divina commedia di Dante, che non riuscì a portare a termine a causa di alcuni problemi di salute, inoltre nel 1370 scrisse un codice autografo del suo Decameron.

Giovanni Boccaccio morì a Certaldo il 21 dicembre 1375 e sulla sua tomba è  incisa la frase Studium fuit alma poesis, cioè La sua passione fu la nobile poesia.