Virgilio Socrate Achille Funi (Ferrara, 1890 – Appiano Gentile, 1972) visse da protagonista i principali movimenti che hanno caratterizzato la cultura italiana della prima metà del Novecento e, dopo essersi distinto nel Futurismo, divenne uno tra i grandi interpreti del Realismo magico, del moderno classicismo di Novecento e del muralismo degli anni Trenta, pur mantenendo sempre una spiccata autonomia.
Innamorato dei miti classici, Funi assimilò dai maestri dell’Officina ferrarese uno sguardo legato alla tradizione figurativa antica come al linguaggio più attuale di Cézanne, Picasso, Derain, de Chirico.
Ora Ferrara, fino al 25 febbraio 2024, gli rende omaggio con una vasta rassegna antologica al Palazzo dei Diamanti, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara.
La mostra, a cura di Nicoletta Colombo, Serena Redaelli e Chiara Vorrasi, ripercorre la vita del pittore attraverso più di centotrenta opere, provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private, italiane e straniere, tra cui figurano i suoi capolavori, come dipinti a olio e a tempera, acquerelli e disegni a carboncino e a sanguigna, nonché cartoni preparatori per i grandi affreschi e mosaici, che offrono al pubblico l’occasione di scoprire lo straordinario talento di uno dei più grandi maestri del Novecento.
L’esposizione prende avvio dalle prime prove del giovane Funi, per poi lasciare spazio ai capolavori futuristi, come Uomo che scende dal tram e Il motociclista del 1914, che suscitarono l’ammirazione dell’amico Umberto Boccioni poi, dopo le testimonianze della prima guerra mondiale, il percorso mette in luce il cruciale apporto dell’artista alla stagione del Ritorno all’ordine e alla restaurazione delle forme classiche.
La fase del dopoguerra è rappresentata da opere nel segno di Cézanne, della pittura metafisica e di Leonardo, come Genealogia (La mia famiglia) del Mart di Rovereto o Il bel cadavere (Le villeggianti) del Museo del Novecento di Milano, cui seguono i capolavori del Realismo magico, la cui atmosfera di stupore attinge alla cultura figurativa quattro-cinquecentesca e, oltre a Maternità e La terra, c’è anche L’acqua, presentata in questa occasione per la prima volta dopo oltre un secolo.
Sono inoltre esposte alcuni lavori di Novecento, il movimento coordinato da Margherita Sarfatti, che raduna i più autorevoli esponenti di un moderno e maestoso classicismo, come il leonardesco Autoritratto da giovane del Museo d’arte della Svizzera Italiana di Lugano, la picassiana Saffo, la raffaellesca Lettura domenicale della GNAM di Roma o l’androgina Venere del Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna.
Negli anni Trenta e Quaranta Funi cercò i segreti dei maestri antichi rileggendo i generi della storia dell’arte in una chiave moderna, dal ritratto alla pittura storico-mitologica, testimoniata da Publio Orazio uccide la sorella della Nationalgalerie di Berlino, dalla natura morta al paesaggio di Il Foro romano delle GAMC di Ferrara.
L’esposizione si conclude con la stagione della pittura murale dove, assieme a Sironi, Funi diede un nuovo slancio alla tradizione italiana dell’affresco e del mosaico, impegnandosi nelle campagne decorative con i miti della nazione sulle pareti di edifici monumentali.
La rassegna offre l’occasione per riscoprire Il Mito di Ferrara, impresa decorativa che Funi ha realizzato per la Sala dell’Arengo del Palazzo Municipale della città estense, che rappresenta la summa dei grandi progetti murali che il pittore ferrarese ha affrescato negli anni Trenta e Quaranta a Milano, Trieste, Roma e Tripoli, di cui si può ammirare nell’esposizione una selezione di cartoni preparatori.