Nel calcio olimpico l’unica medaglia d’oro italiana è quella conseguita dalla squadra di Vittorio Pozzo, che alle Olimpiadi di Berlino, il 15 agosto 1936, batté in finale l’Austria arrivando al gradino più alto del podio.
Prima della manifestazione il Comitato olimpico aveva stabilito che le varie federazioni calcistiche non potevano convocare giocatori professionisti, così l’Italia non poteva schierare nessuno dei fuoriclasse che, due anni prima, si erano laureati campioni del mondo e che due anni dopo si sarebbero aggiudicati i Mondiali di Francia 1938.
La regola, però, non valeva per gli allenatori e così la Nazionale decise di affidare la panchina al commissario tecnico Pozzo, il grande artefice delle fortune calcistiche degli anni Trenta.
Non potendo chiamare i calciatori professionisti, Pozzo dovette allestire una selezione di studenti universitari, che giocavano nelle serie minori, e la cui età media era di 21 anni.
Con questi ragazzi esordienti, l’Italia si presentò dunque alle Olimpiadi di Berlino 1936, destinata ad affrontare squadre molto più quotate in una competizione a eliminazione diretta, dove chi sbaglia torna a casa.
Dopo il ritiro di Merano, l’inizio della spedizione vide gli azzurri imporsi a fatica sugli Stati Uniti e ad accedere ai quarti di finale.
A segnare la rete decisiva fu Annibale Frossi, velocissimo e con spiccate doti da rapace d’area, ma che soffriva di una forte miopia, e per questo giocava con gli occhiali da vista, eppure fu il mattatore della Nazionale, nonché capocannoniere del torneo con ben sette marcature.
Dopo la non esaltante vittoria contro gli Stati Uniti, e le numerose critiche, Pozzo strigliò i suoi ragazzi e all’incontro seguente, allo Stadio Momsen, contro il Giappone, gli azzurri vinsero.
In semifinale l’Italia incontrò la Norvegia, data per favorita e che aveva appena eliminato i tedeschi padroni di casa.
Nella cornice dell’Olympiastadion, davanti a 90mila spettatori, gli azzurri spinsero gli scandinavi ad andare ai tempi supplementari, dove poi il Frossi segnò la rete che decide la gara vinta per 2-1.
A questo punto, prima della partita decisiva contro la temutissima Austria, scese in campo con gli azzurri un alleato inaspettato, come racconto Pozzo “In quei cinque giorni di attesa, fra la semifinale e la finale, ad aiutarci fu Jesse Owens. Sì, proprio lui, il negro che aveva vinto o stava vincendo i 100 metri, i 200, il salto in lungo, la staffetta 4 per 100. Abitava nel villaggio olimpico in un’altra casetta, a due passi da noi. Veniva a visitarci, dopo cena, con una chitarra ed una fisarmonica. E suonava, e ballava la danza del ventre. Gli piaceva la nostra compagnia, perché diceva che gli italiani ridevano sempre, e così rumorosamente”.
Il 15 agosto 1936, sempre all’Olympiastadion di Berlino, che per l’occasione ebbe il tutto esaurito, gli italiani vinsero l’oro olimpico ai danni del Wunderteam austriaco.
A portare in vantaggio gli azzurri fu Frossi al 70’, abile a sfruttare una respinta del portiere avversario, ma gli austriaci pareggiarono con Kainberger neanche dieci minuti dopo.
Ancora una volta, la partita fu decisa ai tempi supplementari e fu sempre Annibale Frossi a chiudere i giochi al 92’, portando nella storia olimpica l’unico oro del calcio italiano.