Se ne andato oggi, a 60 anni,  Diego Armando Maradona, la leggenda, il sogno e il mito del calcio argentino e italiano degli anni Ottanta e non solo…

Si è spento nella sua casa a Tigre, alle porte di Buenos Aires, per un arresto cardiocircolatorio, dopo un periodo in ospedale, dove si era sottoposto ad un intervento alla testa.

Maradona era nato a Lanus il 30 ottobre 1960 nel quartiere disagiato di Villa Fiorito, nella periferia più a sud ed estrema di Buenos Aires e, come tutti i ragazzini poveri della sua città, passò gran parte del tempo per strada giocando a pallone, mostrando da subito un talento più unico che raro, in maniera magistrale con il suo sinistro. La sua prima squadra fu quella del padre, l’Estrella Roja.

Già idolatrato dai compagni di gioco per le sue doti mirabolanti, da subito ebbe il soprannome di El pibe de oro, che gli rimarrà affibbiato anche quando divenne una celebrità e la sua carriera iniziò nell’Argentinos Juniors, entrando a fare parte delle Cebollitas jr, ovvero nel settore giovanile a 10 anni, per poi proseguire nel suo amato Boca Juniors, a Buenos Aires.

Le sue straordinarie capacità furono subito notate e, a soli sedici anni, entrò nella nazionale argentina, ma il commissario tecnico Menotti non lo convocò per i mondiali del 1978, ritenendolo troppo giovane per un’esperienza importante come quella, in cui l’albiceleste vinse il suo primo mondiale giocando in casa.

Dopo fulminanti prove in campionato, nei mondiali di Spagna 1982 Maradona fu il cuore di eccezionale Argentina con due gol, anche se nei momenti chiave delle partite con Brasile e Italia, non riuscì a brillare come dovrebbe, facendosi anche espellere. Memorabile fu il suo duello con l’azzurro Claudio Gentile.

Successivamente l’ingaggio-record con il quale il Barcellona lo spinse a lasciare il Boca Juniors, ma con la squadra catalana giocò solamente trentasei partite in due anni, dato che Andoni Goicoechea, difensore dell’Athletic Bilbao, gli fratturò la caviglia sinistra e gli ruppe il legamento, in un intervento da dietro, di quelli già ai tempi non permessi dal regolamento. Tra i più brutti e duri mai visti su un campo di calcio.

L’avventura successiva fu quella più importante della sua vita dato che, dopo numerose trattative, approda alla città che lo elesse a suo idolo, diventata la sua seconda patria dopo l’Argentina. Il suo arrivo a Napoli fu un vero e proprio crack sportivo e sociale, per la città partenopea e per lo stesso Maradona. La presentazione avvenne in uno stadio San Paolo ricolmo di 70mila persone che pagarono mille lire per vederlo palleggiare e lanciare palloni sugli spalti. Alle 18.30 del 5 luglio 1984, Maradona divenne ufficialmente un giocatore del Napoli. E a Napoli fu un re e non solo, qualcosa in più, forse un gradino sotto San Gennaro. Con il Napoli vinse due storici scudetti, i primi per i partenopei,  giocando sette stagioni consecutive, oltre a una Coppa UEFA, una Supercoppa italiana e una Coppa Italia.

Nel 1992, dopo un anno e mezzo di squalifica per doping a causa della cocaina la carriera di Maradona riprese in Spagna nel Siviglia, dove ritrovò l’amato Carlos Bilardo, l’allenatore dell’Argentina ai mondiali del 1986 e del 1990. In terra iberica, giocò in 25 partite, segnando 5 gol, chiudendo l’esperienza dopo una sola stagione.

Tornò a giocare in Argentina nel Newell’s Old Boys, ma dopo solo 5 partite risolse il contratto. Si ritirò per alcuni mesi dalle competizioni in attesa del mondiale di USA ’94.

Il 7 ottobre del 1995, tornò a giocare con la maglia del Boca Juniors, dove rimase per due stagioni prima di ritirarsi dal calcio al termine del superclásico contro il River Plate, il 25 ottobre 1997.

Diego Armando Maradona toccò l’apice della carriera ai mondiali di Messico 1986, trascinando l’Argentina alla conquista della Coppa del Mondo, con cinque reti e venne premiato quale miglior giocatore della rassegna. Due sue gol in quella competizione entrano nella storia, entrambi nella gara contro l’Inghilterra, quella noto come la “mano de Dios”, quando mandò in rete di pugno un cross dalla destra. E quello che è considerato uno dei gol più belli della storia del calcio, quando scartò metà squadra inglese palla al piede partendo dalla propria metà campo. Partecipò poi ai Mondiali di Italia 90, dove giunse in finale eliminando proprio l’Italia a Napoli in semifinale, per poi essere sconfitto dalla Germania e a USA 94, per quello che fu il suo canto del cigno, venendo fermato per doping.