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Uno scrittore che ha raccontato il lato oscuro dell’America del secondo dopoguerra..

Nato a New York il 4 dicembre 1903, Cornell Woolrich a soli trent’anni fu testimone della Grande Depressione e del dramma dei più poveri, mentre si scopriva affascinato dalla narrativa quando, iscritto alla Columbia University, vinse il concorso indetto da una rivista letteraria con un racconto in stile fitzgeraldiano per la cui riduzione cinematografica fu invitato a Hollywood.

A Hollywood, mentre lavorava ad articoli e racconti, si sposò a sorpresa con la figlia di un produttore, ma venne lasciato dalla moglie dopo poche settimane.

Infatti, si scopri che Woolrich era omosessuale, e spesso passava le sue serate in compagna di partner occasionali.

Tornato a New York convisse con la madre e pubblicò nel 1932 Manhattan Love Song trasposto due anni dopo nell’omonimo film di Leonard Fields, ricco dei temi e le atmosfere che divennero il suo inconfondibile marchio stilistico.

Nel tentativo di sottrarsi alla coabitazione con la genitrice lo scrittore si trasferì più volte in albergo e, coperto di debiti e incalzato dalla paura, cominciò a lavorare per i pulp magazines, vendendo a testate come Dime Mystery, Black Mask e Detective Fiction Weekly racconti caratterizzati da suspense, patologie sinistre, persecuzioni inspiegabili, relazioni insolite e destini beffardi.

Woolrich nel 1940 tornò al romanzo con La sposa era in nero, che diede inizio alla formidabile serie di titoli, da Sipario nero a L’alibi nero, L’angelo nero, L’incubo nero, Appuntamenti in nero, che identificavano con quel colore le future peculiarità del genere.

Conteso dagli editori, lo scrittore visse i suoi anni migliori, ma non riuscì a stare lontano dalla madre ammalata e si rinchiuse con lei in una stanza del Russell Hotel di Manhattan dove scrisse compulsivamente, spesso con lo pseudonimo di William Irish o George Hopley.

Nel corso degli anni Quaranta uscirono i suoi capolavori, da La donna fantasma a Vertigine senza fine, e sono quattordici i film ispirati ai suoi lavori sui quali esiste una bibliografia critica cospicua.

Ormai padrone dei meccanismi d’angoscia che prendevano le mosse dai suoi tormenti personali, Woolrich non cessò nemmeno negli anni Cinquanta e Sessanta di scrivere storie di personaggi fragili, vittime d’incubi e minacce oppure compromessi da mondi allucinati o paranoici.

Dopo la morte della mamma, Woolrich subì l’amputazione di una gamba, invasa dalla cancrena provocata dal diabete e, costretto alla sedia a rotelle, mori il 25 settembre 1968 a sessantacinque anni nell’indifferenza generale, ormai alcolizzato e a malapena assistito dai camerieri dell’albergo di New York dove viveva, lasciando incompiuti l’autobiografia e due romanzi, uno dei quali intitolato The Loser, il perdente.