Mario Andretti Lotus 79 rounds Druids at the 1978 British Grand Prix 50050517982

Compie oggi 81 anni una leggenda del volante, un fenomeno nella pista e nella vita. Mario “Piedone” Andretti nato a Montona d’Istria il 28 febbraio 1940, con una vita che è stata ed è un vero e proprio romanzo.

Tra mille difficoltà è riuscito a realizzare il suo sogno di correre a tutti i costi e con velocità superiore agli altri, per quella che è una storia hollywoodiana da American Dream.

Pilota velocissimo, dalla guida travolgente, sempre alla ricerca della prestazione massima, esperto, duttile e completo, un duro senza paura che affrontò i duelli sulle auto di ogni tipo, quando le norme di sicurezza erano lontane a venire, battagliando con mostri sacri del motore di ogni epoca come Graham Hill, Jim Clark, Niki Lauda, Stewart, Hunt, Scheckter, Villeneuve, Ickx, Fittipaldi, Nelson Piquet, Ronnie Peterson, Pironi, Depallier, Bruce Mc Laren, Chris Amon, Rolf Stommelen, Dan Gurney, A.J. Foyt, Bobby e Al Unser. Gareggiando e sorpassandosi senza sconti anche con l’amico fraterno di sempre Clay Regazzoni con cui condivise anche l’esperienza in Ferrari agli inizi degli anni 70.

Collaudatore tra i più competenti e abili di sempre, sviluppò diverse vetture tra cui le Ferrari per le corse di durata, le auto per le Nascar e la F1 Indy, dove corse anche con una sua scuderia. Ma il suo nome è legato soprattutto alle Lotus di Colin Chapman che dal 1976 al 1980 rivoluzionarono la F1, conquistando il titolo di campione del mondo nel 1978. Nel 1977 vinse a Monza con la Lotus mod. 78, andando in testa dopo 10 giri, con un memorabile sorpasso su Jody Scheckter alla curva parabolica, considerato uno dei più belli di sempre nella storia della F1.

Auto che non furono solo straordinarie sotto il profilo meccanico e delle vittorie ma indovinatissime anche sul piano dello stile: con la loro linea affusolata e livrea nero e oro, rimangono ancora oggi delle icone e tra le più riconosciute di sempre.

Nato e cresciuto in Istria, terra a cui è sempre legatissimo, fu uno dei tanti esuli che dovettero abbandonare quella zona al termine della seconda guerra mondiale, vagando per diverso tempo nei campi profughi. La tappa finale fu Lucca, dove frequenta per tre anni il locale Istituto Industriale Carlo Del Prete, entrando in contatto con l’affascinante rombo dei motori, prima con lo scooter del prete al campo profughi, insieme all’amato fratello gemello Aldo, scomparso lo scorso 30 dicembre 2020, con cui dividerà tutta la vita. I due rimangono letteralmente folgorati dalle corse delle auto, al passaggio della Mille Miglia sull’Abetone e al Gran Premio di Monza nel 1954, dove si erano recati per vedere l’idolo Alberto Ascari, facendo nascere in loro il sogno di diventare piloti.

E da qui in poi la passione dei due gemelli per le quattro ruote e per i motori non avrà più freno. Lavorando anche all’officina Biagini, iniziano a costruirsi piccoli mezzi di fortuna con cui gareggiavano alternandosi.

Nel 1955 ottenne, insieme alla sua famiglia, il visto di ingresso per gli Stati Uniti stabilendosi in una cittadina dal nome profetico Nazareth, in Pennsylvania, dove il padre trovò lavoro in una fabbrica di acciaio; nel 1964 divenne cittadino statunitense, ma sempre tenacemente legato alla sua Montona e alla lingua parlata con uno slang calmo e rilassato che ricorda la cadenza della sua terra. A Nazareth caso volle che esistesse una pista per le corse d’auto, non lontano da casa. I gemelli Andretti, iniziano a correre nel 1958 nelle gare locali di “dirt track” alternandosi alla guida di una vettura turismo Hudson Hornet da loro elaborata, ottenendo subito ottimi risultati. Da lì in poi fu un crescendo di vittorie, in tutto le categorie e con ogni mezzo soprattutto per Mario, perchè Aldo andò incontro ad un primo grave incidente in gara, che lo mandò in coma per tre settimane.

In un solo giorno dell’autunno 1963 vince tre diverse gare su due piste differenti. E qui nasce la leggenda di Mario “piedone”, perché con qualunque mezzo possibile, su ogni tipo di pista, spingeva sempre a fondo, forte sull’acceleratore, senza limiti, per arrivare prima degli altri, per vincere.

Negli USA disputerà per lunghi anni il campionato CanAm e il Mondiale Marche, conquistando per ben tre volte la 12 Ore di Sebring (assoluta nel 1967 e nel 1970, vittoria di classe nel 1969) e salendo più di una volta sul podio della 24 Ore di Le Mans, cui partecipa per la prima volta nel 1966 al volante di una Ford GT40.

Mario Andretti raggiunge il successo più atteso quello della 500 miglia di Indianapolis molto presto vincendo la gara nel 1969 alla sua quinta partecipazione. Una vittoria che gli valse un premio particolare, i cittadini di Nazareth, ribattezzarono la via dove abitava, in Victory Lane.

Enzo Ferrari non tardò ad accorgersi del suo talento, stuzzicato anche dalle sue origini, e con la rossa nel 1970 vince la 12 Ore di Sebring (con Nino Vaccarella e Ignazio Giunti su Ferrari 512S), passa poi in F1, dove vinse la gara d’esordio nel gran premio del Sudafrica e dove fece segnare anche il giro più veloce. La scuderia Ferrari vive però un momento di transizione e Mario Andretti non riuscì ad ottenere dei grandi risultati, pur legando con il Drake (cosa non facile), avendo con lui sempre un rapporto schietto e diretto e soprattutto con i tifosi del cavallino che amano il suo modo di essere e di guidare. Ma la sua avventura in Ferrari dura un paio di stagioni, nel 1972, partecipa saltuariamente ottenendo un 4° e un 6° posto con la 312 B2. Nello stesso anno contribuisce al successo della Casa di Maranello nel Mondiale Marche, vincendo quattro gare in coppia con Jacky Ickx sulla 312 PB.

Ritorna negli USA per l’avventura con la Parnelli nel circuito di F1, nonostante la scuderia sia poco competitiva, riuscì comunque ad ottenere diversi punti. Nel 1974, conquista la prestigiosa 1000 km di Monza, in coppia con Arturo Merzario su Alfa Romeo 33 TT.

Quindi l’approdo all’avventura vincente della Lotus di Chapman, dove conquista il mondiale a 38 anni, mettendo in carniere sei gran premi con otto pole position, creando un binomio macchina-pilota imbattibile.

Nel 1979 si aggiudica anche l’International Race of Champions, su Chevrolet Camaro. Nel 1981 prende il volante dell’Alfa Romeo, con cui conquista un incoraggiante quarto posto nella gara d’esordio a Long Beach, poi purtroppo la vettura non trova i necessari mezzi per essere sviluppata. Nella stagione seguente rimane un po’ in stand by, guidando per una sola gara la competitiva Williams, in sostituzione di Reuteman.

Nello stesso 1982, il 12 settembre fu ingaggiato dalla Ferrari a furor di popolo, orfana di Didier Pironi e soprattutto di Gilles Villeneuve, per correre gli ultimi due gran premi della stagione, con una scuderia e una macchina vincente. Il ritorno di Andretti alla rossa dopo 9 anni sollevò entusiasmi nella stampa e nei tifosi, che corsero ad accoglierlo in massa all’aeroporto e poi a Maranello. Sul “suo” circuito di Monza, “Piedone” si presentò con la Ferrari numero 28, conquistando subito a 42 anni e pochi giri di prova, una straordinaria pole-position, davanti a Piquet (Brabham-Bmw), al compagno di scuderia Patrick Tambay, Riccardo Patrese (Brabham-Bmw) e alle due Renault turbo di Alain Prost e René Arnoux. In gara ebbe problemi con l’accelerazione della sua macchina, che a tratti procedeva a singhiozzo, privandolo di una vittoria certa; ma fu Andretti il vincitore morale di giornata, contribuendo alla vittoria del titolo costruttori della rossa.

A fine stagione decise di chiudere con la Formula 1 e di tornare a correre negli USA, dove vinse il titolo 1984 nelle corse USAC.

Prova per oltre dieci anni a rivincere la 500 miglia di Indianapolis, correndo per la scuderia di Paul Newman, gareggiando anche con suo figlio Mike in Formula Indy. Nel 1992, all’età di 52 anni, si prende la pole al Michigan International Speedway con una media superiore ai 350kmh.

L’anno successivo a Phoenix, vince la sua ultima gara in Formula Indy. Corre in categoria ancora una stagione fino all’età di 54 anni. Nel 1995 conquista un secondo posto alla 24 Ore di Le Mans al volante di una Courage guidata con i transalpini Éric Hélary e Bob Wollek.

Ufficialmente la sua ultima corsa è del 2000 a 60 anni, alla ricerca di quella vittoria a Le Mans, che gli è sempre sfuggita, piazzandosi sedicesimo in assoluto, a bordo di una Panoz in un equipaggio composto anche dall’australiano David Brabham e dal danese Jan Magnussen.

Nella sua lunga e prestigiosa carriera ha corso 897 gare, vincendone 111 e conquistando 109 pole position.

Mario Andretti è ancora presente sulle piste, seguendo la scuderia del figlio Michael, oltre ad avere  gli altri due figli, Jeff e John, e il nipote, Marco, piloti professionisti.

Dal 1996, si è spostato ad abitare nel nord della California, nella Napa Valley, terra di vigneti e dolci colline sopra San Francisco. Qui è diventato apprezzato produttore e distributore di vino con il marchio che porta il suo nome.

Sempre allegro con un modo pacato di porsi, nell’ambiente della corse sono famosi anche le sue massime e gli aforismi, che ricordano quelli di un altro grande italo-americano campione di baseball, lo sport a stelle strisce per eccellenza, Yogi Berra.