Il più noto violinista del Settecento veneziano…
Celebre violinista e compositore, figlio di un violinista della cappella ducale di San Marco, Antonio Vivaldi nacque a Venezia il 4 marzo 1678 e fu probabilmente allievo del padre, ma anche di Legrenzi, il maestro di cappella in San Marco dal 1685 al 1690.
Ricevuti gli ordini minori fra il 1693 e il 1696, nel 1703 fu ordinato prete, e questo particolare, unito alla sua capigliatura rossa, gli valse il soprannome di Prete rosso, adatto anche al tipo di musica, estremamente vivace, contagiosa e altamente virtuosistica che Vivaldi seppe sempre scrivere.
Intanto, però una malattia misteriosa, di cui il musicista si preoccupò tutta la vita, gli impedì di esercitare il suo ministero e dopo un anno o due rinunciò alla messa.
Dal 1703 al 1740 fu il maestro di violino e di composizione, poi maestro dei concerti e di coro al Seminario musicale dell’Ospedale della Pietà, una delle quattro famose scuole di musica veneziane per ragazze orfane, bastarde o abbandonate, che cantavano e suonavano con ogni strumento e facevano della musica la loro occupazione principale, disponevano dei migliori maestri, le loro esecuzioni erano celebri in tutta Europa.
Vivaldi si assentò a più riprese da Venezia, dal 1718 al 1722 per dirigere la cappella del principe di Hasse Darmstadt a Mantova, nel 1723 e nel 1724 per rappresentare alcune opere a Roma, dove suonò davanti al Papa.
Tra il 1724 e 1725 non ci sono tracce del musicista nei registri dell’Ospedale della Pietà, per un periodo di viaggi di cui non si sa ancora nulla tra numerose città italiane e straniere, soprattutto in Germania e Paesi Bassi, sia in qualità di violinista che d’impresario delle proprie opere, reclutando i cantanti, dirigendo le prove e controllando gli incassi.
Le sue opere strumentali erano allora conosciute ovunque, soprattutto le celeberrime Quattro stagioni e il fondamentale, superbo, Estro armonico.
Nel 1740 decise di lasciare Venezia e giunge a Vienna, dove morì il 28 luglio dell’anno successivo, povero e solitario, rovinato, si disse, dalla sua eccessiva prodigalità.
Alla sua morte il geniale musicista, celebre in tutta Europa, cadde improvvisamente nell’oblio più completo, prolungato più di un secolo e che rischiò di diventare definitivo.
Fortunatamente la riscoperta dell’opera di Bach, altro grande musicista dimenticato per quasi un secolo, rivelò ai musicisti tedeschi del secolo successivo le opere del Prete rosso, trascritte per l’appunto dal grande Kantor.
Poi, a partire dal 1905, alcuni musicologi, tra cui Marc Pincherle e Arnold Schering, studiarono metodicamente le opere pubblicate da Vivaldi ad Amsterdam e più tardi le centinaia di manoscritti, in gran parte autografi, acquistati nel 1919 dalla Biblioteca Nazionale di Torino, provenienti dalle collezioni private di Foà e Giordano, ma aventi per comune origine la biblioteca del conte Durazzo, morto alla fine del XVIII secolo.
Da allora l’opera di Vivaldi è amata e ascoltatissima in tutto il mondo, oggi come ieri…