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L’Italia rimase campione in carica dei Mondiali per dodici anni, poiché a causa della seconda guerra mondiale, le edizioni del campionato di calcio del 1942 e  del 1946 non si disputarono.

Nel 1948 si decise che la nuova edizione dell’evento si sarebbe tenuta in Sudamerica, per la precisione in Brasile.

I brasiliani si sentivano i migliori del mondo da prima della guerra, e non avevano preso benissimo le sconfitte nelle prime edizioni, soprattutto quella del 1938.

Molte nazionali si videro costrette a declinare l’invito a causa dei costi, anche se il mondo dell’aeronautica stava fornendo adesso un’alternativa valida alle traversate atlantiche a bordo di piroscafi.

Delle squadre qualificate avevano rinunciato l’India, la Turchia per motivi economici e la Scozia in polemica contro la prima qualificata del suo girone, l’Inghilterra e finirono per partecipare solo tredici nazionali, come in Uruguay, e la Fifa dovette studiare un tabellone a quattro gironi, di cui due a quattro squadre, uno a tre e uno addirittura a due.

Qualificate di diritto erano il Brasile, il paese organizzatore, e l’Italia detentrice del titolo.

L’Italia arrivò ai mondiali in nave, rifiutando l’uso dell’aereo, il 4 maggio 1949 a Superga la tragedia del Grande Torino aveva privato la Nazionale di nove dei suoi membri.

A San Paolo del Brasile andarono le riserve, ma dopo pochi giorni i palloni da allenamento erano finiti tutti in mare, e gli azzurri arrivarono non molto allenati dopo le tre settimane di traversata.

Ad allenarli non c’era più il leggendario Vittorio Pozzo, ma una commissione tecnica composta di quattro persone, tra cui Ferruccio Novo, il presidente del Grande Torino.

Il mondiale degli azzurri durò due partite dopo una sconfitta con la Svezia per 3-2 e una vittoria con il Paraguay, resa inutile dal pareggio di questi con gli svedesi.

Dopo pochi giorni gli azzurri tornarono a casa, in compagnia di un’altra eliminata illustre, l’Inghilterra, che perse clamorosamente contro gli Stati Uniti per 1-0.

Restarono a disputarsi la Coppa Rimet Brasile, Svezia, Spagna e Uruguay, inserite in un girone all’italiana dove avrebbe vinto la squadra con il maggior numero di vittorie.

Il 16 luglio 1950 al Maracanà di Rio si trovarono di fronte per la finale il Brasile e l’Uruguay, separati da un punto.

Subito i padroni di casa andarono in vantaggio con Friaça, appena un po’ raffreddata dal pareggio uruguagio di Schiaffino, a metà ripresa.

Il Brasile si sentiva il campione del mondo, e lo rimase fino a dieci minuti dalla fine, quando Ghiggia gelò il paese segnando il 2-1 per l’Uruguay.

O Maracanaço, il disastro del Maracanà, divenne per il Brasile il giorno più doloroso per un paese che già allora viveva di calcio e che sprofondò nel lutto nazionale, mentre a Montevideo si tornava a festeggiare come vent’anni prima.

I brasiliani decisero di cambiare perfino la casacca della loro squadra passando al verde-oro dei colori della bandiera, perché non rimanesse nulla di quell’onta.

Dopo quattro edizioni dei Mondiali, adesso Italia e Uruguay erano entrambe ad un passo dall’aggiudicarsi definitivamente la Coppa Rimet.