Uno dei simboli del potere di Roma…
Nei primi anni del suo regno, l’imperatore Nerone aveva fatto costruire la Domus Transitoria, destinata a collegare i possessi imperiali del Palatino con gli Horti Maecenatis ma, nel corso del terribile incendio del 64 d.C., la casa bruciò interamente.
Come conseguenza Nerone si fece costruire la più grande delle dimore imperiali, la Domus Aurea. Svetonio nelle Vite dei Cesari disse che una statua colossale rappresentante Nerone era nel vestibolo della casa e l’ampiezza di questa era tale da includere tre portici lunghi un miglio e uno stagno circondato da ville con campi, vigneti e pascoli, boschi pieni di ogni genere di animali selvatici e domestici.
Nelle altre zone della casa tutto era coperto dì oro, ornato di gemme e di conchiglie, mentre le sale da pranzo avevano soffitti coperti da lastre di avorio mobili e forate per permettere la caduta di fiori e di profumi e i bagni erano forniti di acqua marina e solforosa.
Tutta questa maestosità occupava una zona che dal Palatino e dalla Velia si estendeva fino all’attuale chiesa di San Pietro in Vincoli, seguiva via delle Sette Sale e, seguendo le Mura Serviane, arrivava fino al Celio, dove era il Tempio di Claudio, trasformato in ninfeo, per poi raggiungere nuovamente il Palatino.
Ma l’imperatore godette per poco del lusso e della ricchezza della dimora da lui ideata, infatti morì poco tempo dopo la conclusione dei lavori e i suoi successori, volendo cancellare il ricordo di un uomo cosi odiato, distrussero le sue opere.
Il palazzo fu parzialmente demolito e ricoperto di macerie per fare da fondamenta a nuove costruzioni e Tito e Traiano diedero l’incarico di erigere alcune terme sopra il palazzo.
La storia degli scavi della Domus Aurea iniziò nel XVI secolo, quando artisti e appassionati di antichità si calarono dall’alto dei giardini delle Terme di Traiano nelle grotte di Nerone per copiare i motivi decorativi a fresco e a stucco delle volte.
Nel XVII secolo Pietro Sante Bartoli liberò dalla terra alcune stanze del complesso neroniano e pubblicò una serie di disegni tratti dalle decorazioni pittoriche antiche e tra il 1758 e il 1769 papa Clemente XIII svolse i primi scavi regolari nella Domus Aurea, affidati alla direzione dell’architetto inglese Cameron.
Verso il 1774 l’antiquario romano Mirri fece sgombrare dalla terra sedici stanze, pubblicando un album di sessanta incisioni tratte dai disegni delle decorazioni eseguite da vari artisti e nel 1811-1814 vennero effettuati gli scavi dall’architetto Antonio De Romanis, che esplorò una cinquantina di stanze, pubblicando subito dopo una planimetria e una relazione delle scoperte.
A un secolo di distanza le ricerche vennero riprese da Antonio Muñoz, direttore della Regia Soprintendenza ai Monumenti del Lazio e degli Abruzzi, poi gli scavi nella Domus Aurea ripresero nel 1939, sotto la direzione della Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, e successivamente negli anni 1954-1957.
Nel 1969 la Soprintendenza Archeologica di Roma promosse l’esplorazione del piano superiore e avviò un programma d’impermeabilizzazione delle volte.
Agli inizi degli anni Ottanta, la Domus Aurea venne chiusa al pubblico per i lavori di restauro e di conservazione delle strutture e degli affreschi.
Solamente pochi anni fa il grandioso complesso è stato riaperto completamente al pubblico, e oggi l’ingresso si trova nel viale della Domus Aurea, nei giardini del Colle Oppio.