paolomonelli

Una delle penne più note del giornalismo italiano del Novecento…

Paolo Monelli nacque il 15 luglio 1891 a Fiorano Modenese, primogenito del tenente colonnello Ernesto e di Maria Antonini.

La famiglia si trasferì a Bologna, dove il padre era direttore dell’Ospedale militare e, dopo aver frequentato il Liceo classico Minghetti, Paolo decise di intraprendere la carriera militare, ma fu bocciato all’esame di ammissione all’Accademia di Torino.

Il giovane iniziò a studiare giurisprudenza presso l’università di Bologna, dove conseguì la laurea e collaborò con il Resto del Carlino.

Quando scoppiò la Prima guerra mondiale Monelli si arruolò come volontario, chiedendo nella domanda di nomina a sottotenente di combattere negli Alpini.

Paolo si ritrovò coinvolto nei tentativi di respinta della violenta offensiva austriaca che ebbe la sua battaglia decisiva nella disfatta di Caporetto e il coraggio dimostrato sul Monte Tondarecar fu premiato il 15 novembre 1917 con una medaglia di bronzo.

Il 5 dicembre Monelli cadde prigioniero, insieme ai superstiti della sua compagnia, e fu condotto prima a Trento, poi al castello di Salisburgo da cui tentò invano due volte la fuga e, dopo la fine del conflitto, rimpatriò nel dicembre 1919 e fu congedato il 1 gennaio 1920.

Durante la prigionia aveva conosciuto il redattore capo della Gazzetta del Popolo, che gli chiese di essere il corrispondente a Vienna, poi tornò a lavorare per il Resto del Carlino diretto da Mario Missiroli e fu inviato speciale in Cecoslovacchia e Polonia.

Nel 1920 Monelli lavorò, elaborando le note prese su un diario durante l’esperienza al fronte, a Le scarpe al sole, sulla sua esperienza come alpino e un anno dopo iniziò una collaborazione con La Stampa, diretta dall’antifascista Luigi Salvatorelli.

Paolo nel 1926 abbandonò La Stampa, che stava attraversando un periodo difficile a causa delle misure imposte dal governo dopo l’attentato a Benito Mussolini e istituì, con alcuni amici scrittori, il Premio Bagutta.

La vita di Monelli tra il 1927 e il 1929 si distinse per una serie di viaggi in tutto il Mediterraneo e nell’Europa continentale e fu assunto dalla Gazzetta del Popolo, che segnò la sua entrata nella stampa legata alla politica culturale del regime.

Con Giuseppe Novello scrisse nel 1935 Il ghiottone errante, un singolare tour enogastronomico per la penisola italiana.

Quando l’Italia entrò in guerra come alleato della Germania, Monelli divenne un corrispondente di guerra e fu impegnato su vari fronti, soprattutto in Africa, dove maturò un senso di critica verso il fascismo che lo portò a riprendere la sua attività di giornalista come parte del Corpo Italiano di Liberazione.

Dopo la liberazione di Roma, partecipò attivamente alla vita culturale della città, costituendo l’11 giugno 1944 il gruppo degli Amici della Domenica con Massimo Bontempelli, Paola Masino, Carlo Bernari, Palma Bucarelli e Alberto Savinio, che presiedette alla fondazione del Premio Strega, e collaborò con la rivista Mercurio, mensile di politica, scienze e arti diretto da Alba de Céspedes.

Si dedicò poi alla letteratura con Sessanta donne (1947), Morte del diplomatico (1952), Nessuna nuvola in cielo (1957) e nel 1958 con Avventura del primo secolo, un fantasy ambientato nell’Impero Romano.

Tornò poi a lavorare come giornalista, prima a La Stampa, dove ritrovò l’amico Novello, in seguito, dal 1967, al Corriere della Sera, oltre a pubblicare l’itinerario gastronomico ed enologico O.P. ossia il vero bevitore (1963) e Ombre Cinesi: scrittori al girarrosto (1965).

Paolo Monelli morì a Roma il 19 novembre 1984, con al suo fianco la moglie Palma Bucarelli, una delle più note galleriste del Novecento.