Conoscere le fasi lunari

Da secolo il lunario è il simbolo del mondo contadino, che segna i movimenti e le trasformazioni della Luna e dei corpi celesti e racconta i giorni e le feste, tra ricette, albe e tramonti, poesie, proverbi, storia locale, curiosità, lavori del mese e altre informazioni per la casa.

Il primo lunario fu edito a Genova nel 1473, intitolato La raxone de la Pasca e de la Luna e le Feste ed era scritto in un volgare ricco delle parole del dialetto locale.

Nei secoli i lunari sono cambiati per impostazione e contenuti, passando dai pronostici sugli eventi dell’anno, costruiti sull’astrologia, alle previsioni del tempo, frutto di una continua osservazione dei cieli e dei fenomeni atmosferici condivisi all’interno delle comunità e tramandata nel tempo.

Tra Settecento e Ottocento erano parte della letteratura popolare, più dei catechismi e dei libri di preghiere.

Intorno al 1780, in Italia se ne stampavano oltre 200.000 copie l’anno, con nomi come Barbanera, Casamia, Chiaravalle, Il Mangia, La Sibilla Celeste e Valserena.

In quel periodo i lunari divennero un mezzo adatto per divulgare informazioni e cultura tra la gente, erano scritti per i contadini e parlavano del tempo, dei lavori del mese, dei giorni per riposare, di tecniche agricole, proverbi e fiere.

Più tardi ci furono lunari specialistici per i lavoratori, dai commercianti ai viaggiatori, che davano notizie su distanze, tariffe, cambi di valuta e terre lontane, fino a quelli dedicati agli aristocratici e alle signore dell’alta borghesia, sulla nobiltà, mode, ricevimenti e figlie di buona famiglia in cerca di un marito.

Nel Novecento i lunari furono scritti in dialetto più o meno stretto, in cerca della nostalgia di un mondo passato.

Oggi i lunari in Italia sono il Gran Pescatore di Chiaravalle, stampato a Torino dal 1701 e a Tortona dal 1750 e il Campitelli Barbanera, a Foligno dal 1763.

I lunari tascabili di oggi restano fedeli allo storico modello, altri sono orientati a una cultura cittadina o parlano dei lavori da compiere nei campi, nella cantina e in casa, e sono basati sul mese lunare e sull’anno contadino regolato dalle quattro tempora, che erano dei periodi particolari che preparano le stagioni e dalle scadenze fisse che, ancora per gran parte della gente della campagna, portano nomi di santi e di feste.

Tra queste ci sono la festa di sant’Antonio abate del 17 gennaio, quando si racconta che gli animali nella stalla parlino tra loro e inizia il Carnevale; san Marco del 25 aprile, che è il giorno delle rogazioni intorno ai paesi e principio del momento in cui le brinate possono essere dannose e il grano rischia di essere arso dal sole, la natività di san Giovanni Battista del 24 giugno, vicina al solstizio, ricca di fuochi e benedizioni, san Rocco del 16 agosto, che segna il tempo di cominciare a fare una buona scorta di cibo e di legna e san Martino dell’11 novembre, quando terminano e ripartono i contratti agrari.