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Un politico che lottò per salvare la sua terra dalla mafia…

Piersanti Mattarella nacque a Castellamare del Golfo il 24 maggio 1935, primogenito di Bernardo Mattarella, esponente di spicco della Democrazia Cristiana.

Da giovane ricevette un’educazione cattolica presso i padri maristi del San Leone Magno a Roma, dove la famiglia si era trasferita, fu responsabile dell’educazione giovanile all’interno dell’Azione Cattolica Italiana e coinvolse molti compagni in diverse attività sociali nei quartieri della periferia di Roma.

Laureatosi in giurisprudenza presso La Sapienza di Roma, nel 1958 tornò a Palermo dove sposò Irma Chiazzese, da cui ebbe  due figli, Bernardo e Maria.

Divenuto assistente ordinario di diritto privato a Palermo, Piersanti si dedicò alla politica come candidato della DC.

Negli anni Sessanta venne eletto consigliere comunale di Palermo e rieletto per due legislature, fu Assessore regionale alla Presidenza dal 1971 al 1978 e nominato dall’Ars (Assemblea regionale siciliana) presidente della Regione siciliana  nel 1978.

Piersanti Mattarella fu una svolta nel modo di concepire il potere e la politica, con una nuova gestione dell’amministrazione regionale e a eliminare ogni tipo di clientelismo, privilegio, omertà e carrierismo.

Nella Conferenza regionale dell’agricoltura, tenutasi a Palermo nel 1979, quando l’onorevole Pio La Torre denunciò l’Assessorato all’Agricoltura come fulcro della corruzione isolana e lo stesso assessore come colluso con la mafia, Mattarella ammise la necessità di rivedere la gestione dei contributi agricoli regionali.

Il 6 gennaio 1980. Piersanti Mattarella fu assassinato davanti alla sua abitazione a colpi di pistola mentre si trova in macchina con la moglie, i figli e la suocera per andare alla messa dell’Epifania.

In un primo momento, si pensò a un assassinio di matrice terroristica, tesi avvalorata dalla rivendicazione di un gruppo neo-fascista e ciò portò ad individuare i responsabili materiali dell’omicidio in Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, combattenti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari.

Dopo la morte di Falcone  nel 1992 i collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo rivelarono che a ordinare l’uccisione del coraggioso politico fu Cosa Nostra, a causa dell’opera di ammodernamento intrapresa da Mattarella e dei contrasti con Vito Ciancimino, referente politico dei Corleonesi, che aveva siglato un patto di collaborazione con Salvo Lima e la corrente andreottiana.

Nel 1995 furono condannati all’ergastolo come mandanti dell’omicidio i boss Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Antonio Geraci.

Oggi sono stati condannati i mandanti e non i responsabili materiali dell’esecuzione di Piersanti Mattarella, ma il suo ricordo continua a vivere grazie anche al fratello Sergio, dodicesimo presidente della Repubblica italiana.