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Il commediografo greco che raccontò il mondo dell’Ellenismo…

Menandro nacque ad Atene nel 342 in una famiglia aristocratica, studiò presso Teofrasto, allievo di Aristotele, e completò il servizio militare con Epicuro.

Nei concorsi drammatici, dove esordì nel 317, ebbe solo otto vittorie, ma ottenne un grande successo di pubblico, tanto che Tolomeo I lo invitò ad Alessandria ma ricevette un rifiuto, in quanto Menandro non volle mai abbandonare Atene, dove morì nel 292.

La commedia menandrea propone una serie di caratteri monotoni e smorzati, in un clima realistico di passioni borghesi, senza la satira politica e un riferimento preciso al periodo, oltre alla scomparsa del coro.

Ma il poeta delinea molto bene la sfera amorosa, tramite il monologo, mutuato da Euripide, come il prologo, in cui il personaggio esprime liberamente i suoi sentimenti.

La filantropia è la principale caratteristica della commedia di Menandro ed è un forte sentimento di unione tra due persone che si proponevano i medesimi obiettivi.

In Menandro la filantropia diventa il capire gli altri uomini, per un sentimento di amicizia non circoscritto a due persone ma allargato a tutti, come farò anche Terenzio con la sua “Homo sum humanum nihil a me alienum puto” anche se rivolse la sua humanitas a una ristretta élite di persone.

Le commedie menandree ci presentano un mondo legato all’uomo borghese, il quale non può che comportarsi seguendo i canoni della cultura ellenistica e un atteggiamento d’ironico rispetto verso gli altri, che spesso sottintende una velata condanna ma che è manifestazione del dovere di rientrare nei canoni, che prevedevano l’accentazione del modus vivendi altrui.

Questo rispetto è parte dell’ironia nei confronti dell’agire umano con una serenità che esclude la tristezza e sfumando i sentimenti anche nelle situazioni in cui la realtà spinge l’uomo alla tristezza. Menandro introdusse anche il concetto del Tuch, che limita la possibilità dell’uomo di cambiare la realtà e non corrisponde a una divinità, poiché non guida l’uomo secondo un andamento logico.

La limitatezza dell’agire umano si rispecchia nel fatto che le commedie contengono azioni che s’incastrano tra loro, in modo che non tutto dipenda dall’uomo e consentendo allo stesso tempo lo scavo psicologico.

Tutte le commedie di Menandro si chiudono con un epilogo felice, simbolo della fiducia estrema che l’autore greco riponeva nella bontà umana dell’uomo.