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Una delle chiese più note, e più suggestive, di Vigevano…

Nella Vigevano del Settecento era giunto il momento del primo centenario della canonizzazione di San Carlo Borromeo quando un gruppo di sacerdoti fondò la congregazione di San Carlo, approvata da Monsignor Archinto,  Vescovo di Vigevano, nel 1710, con l’obbligo di pratiche liturgiche e spirituali tra confratelli.

La congregazione fece capo prima alla chiesa di San Rocco, poi a quella di Santa Maria della Neve fino al 1736,  anno in cui venne solennemente  inaugurata l’attuale chiesa di  San Carlo.

Iniziata nel 1724 “l’ampia e luminosa chiesa” come la definì il beato padre Francesco Pianzola nelle sue Memorie, fu terminata nel 1736.

Non molto posteriore ad altre chiese cittadine ancora dalle strutture barocche, la chiesa di San Carlo presenta già  una composta regolarità neoclassica e l’interno a navata unica, con quattro altari laterali, fu decorato nel secolo scorso dal pittore vigevanese G.B. Garberini, autore di numerosi affreschi in moltissime chiese non solo a Vigevano.

La chiesa di San Carlo testimonia al suo interno  i momenti della pittura di Gaarbetini, infatti a pala dell’altare di San Luigi è una opera giovanile in cui  già si notano la dolcezza delle figure tipica del pittore e le medesime caratteristiche  si  manifestano  in pieno nella tela del coro, espressione dell’ esuberante maturità artistica, dove i colori della veste di San Carlo si  stagliano con effetti di forte chiaroscuro, ai piedi di una dolce immagine diafana del Cristo, con sullo sfondo una visione della città di Vigevano.

I grandi affreschi sulle pareti raffigurano episodi della vita di S. Carlo Borromeo, risalgono al 1893 e rappresentano una delle ultime opere di Garberini con una notevole grazia compositiva, anche se le figure sono diventate più rigide ed i chiaroscuri più pesanti.

La chiesa conserva inoltre parecchi dipinti provenienti dal convento di San Pietro Martire ed è ricca di arredi, opere di oreficeria e di ebanisteria, che sono pregevoli lavori dalle linee eleganti e di preziosi paramenti dai gradevoli e raffinati effetti cromatici.

Nelle immediate vicinanze della portone d’ingresso, è custodito, entro una nicchia architettonica, una scultura lignea che rappresenta Cristo in croce con ai piedi i dolenti dell’ultimo trentennio del XVI sec.

Numerose analogie stilistiche  portano a supporre che l’ispirazione dell’opera sia da ricercarsi nel nord della Francia orientale lungo i confini fiamminghi, anche per le analogie con il Gian Bologna, ma principalmente per esemplari coevi custoditi sempre nel nord dell’Europa.

Ai piedi della croce  è collocata la statua della Madonna, orientata verso il figlio e ricoperta dal velo e destra è collocata la statua di San Giovanni, il prediletto di Cristo e testimone degli eventi sacri, con la mano destra al petto, in segno di fedeltà, mentre la sinistra, con il palmo spalancato, lo ritrae irrigidito per la morte del Cristo e impotente di fronte agli eventi.

La lettura della statua della Madonna unitamente a quella di San Giovanni appare oggi ingannevole, poiché entrambe le sculture potrebbero essere antecedenti al Cristo, con probabili ridipinture che le rendono difficilmente collocabili dal punto di vista cronologico.