Ferragosto è alle porte e con lui anche uno degli eventi più insoliti del Lago Maggiore, con una storia antichissima…
Ai piedi del Monterosso, tra Intra e Pallanza, due tra le storiche frazioni che formano Verbania, si trova la chiesa di Madonna di Campagna, già monumento nazionale.
Segnalato più volte tra i beni più amati e come uno dei quali che necessita di essere conservato e tramandato; anche in occasione dell’ultimo censimento del FAI, ha raggiunto le 2899 segnalazioni.
La Chiesa di Madonna di Campagna e il suo complesso monumentale, sono al centro di lavori ormai da oltre vent’anni, un impegno che ha portato a un esborso di circa 900 mila euro solo per la parte esterna.
Nel 2014, i lavori sono stati ulteriormente finanziati per altri 80 mila euro, per recuperare il più possibile l’aspetto originale della volta, degli affreschi e dei dipinti risalenti al 500 e 600 e dell’altare in marmo, risalente al 700. Lavori terminati a maggio 2016 e ripartiti subito per altre opere urgenti.
Per completare i restauri all’interno, occorrerebbe un’ulteriore cifra, quantificabile attorno al milione di euro.
Madonna di Campagna è una chiesa in stile rinascimentale cinquecentesco, edificata su un preesistente edificio romanico (Sancta Maria de Egro) di cui restano oggi soltanto il campanile del XI secolo e qualche traccia muraria.
Presenta il così detto Miracolo del sole dove ogni anno da secoli, il 25 marzo e il 15 agosto puntualmente alle 17, attraverso il rosone della facciata, un raggio di sole illumina un dipinto dell’Immacolata.
Il nucleo primitivo della chiesa è sicuramente anteriore all’anno Mille, e il “Miracolo del sole”, non è un caso, e probabilmente nemmeno voluto dalla ricostruzione cinquecentesca, ma affonda le sue radici nella storia più antica e legata ai primi abitanti del Verbano.
Per collocazione, forma e morfologia il Monte Rosso, ai cui piedi sorge l’attuale edificio di Madonna di Campagna è unico sul Verbano. La sua cima è posta a quota 692 metri, consentendo una vista libera e completa a 360°, che spazia dalla valle del Toce al Cusio, dai monti della Val Grande al bacino del lago Maggiore e ai laghi varesini.
La vetta è in relazione visiva con ben 12 importanti siti dove sono state rinvenute antiche incisioni rupestri considerati sacri nell’antichità. Il villaggio di Cavandone, poco distante dall’attuale chiesa, era già un punto di riferimento nell’epoca della civiltà di Golasecca, come dimostrato dai ritrovamenti archeologici in diversi punti della zona, e tutto il territorio del Monte Rosso, doveva essere considerato un luogo sacro, dove svolgere i rituali che scandivano il ciclo naturale dell’anno agricolo-pastorale.
I numerosi massi erratici erano considerati sacri nell’antichità e i vari ritrovamenti archeologici, tra cui alcune incisioni su pietra, testimoniano una presenza umana molto antica.
La vetta era uno dei luoghi migliori per osservare gli astri e il percorso del sole, con molti luoghi destinati alla devozione al dio Belenus, divinità della luce e alla sua sposa la dea Belisama, figure assimilabili ad Apollo e Minerva.
Sole che illumina e scalda il Monte Rosso da tutti i lati rendendolo fertile, tanto che fino a metà Ottocento si trovavano, ulivi, agrumeti e l’uva vi cresceva ancora rigogliosa, dando un ottimo vino.
Componente importante della zona è anche la presenza di una forte devozione religiosa, testimoniata dalle tante piccole cappellette votive dislocate lungo le pendici della collina: tra queste la Chiesa del Buon Rimedio, situata lungo la strada per Cavandone, da cui si gode un panorama mozzafiato sul Lago Maggiore.
Nulla è rimasto agli atti della chiesa romanica precedente all’attuale Madonna di Campagna, e nemmeno traccia di quello che c’era ancora prima. Certo è che questo punto è stato da sempre un luogo di culto.
Per questa sua ubicazione già la preesistente chiesa aveva la definizione di campestre. Infatti, in un documento del 1341 viene indicata come Santa Maria de Egro cioè di campagna. Dell’antica chiesa conserva anche l’affresco della “Madonna del Latte”, datato come trecentesco.
L’edificio attuale è stato costruito tra il 1519 e il 1527 seguendo il progetto di Giovanni Beretta da Brissago. La consacrazione della nuova chiesa risale però solo al 1547, la decorazione interna fu iniziata nel periodo, ma conclusa solo nei decenni successivi e nella prima metà del Seicento.
La costruzione si presenta a tre navate di quattro campate ciascuna, divise da colonne ottagonali in serizzo locale.
L’abside centrale si trova all’esterno ed è a forma poligonale. Al centro del presbiterio si trova la luminosa cupola a spicchi, rivestita da un tiburio ottagonale e da un elegante loggiato bramantesco, alla cui sommità è posta una lanterna sempre ottagonale.
Negli ultimi anni del Cinquecento l’abside è stata arricchita con due vetrate dipinte che illustrano l’Annunciazione e dal coro ligneo suddiviso in 13 stalli.
La facciata è a capanna con un rosone centrale, rivestita con blocchi squadrati sempre in serizzo grigio, molto semplice ma affascinante nelle sue linee lombardo-rinascimentali.
Al centro si apre un bellissimo portale d’accesso in pietra calcarea con architrave la cui struttura esterna è ad archivolta sormontata da un timpano: le superfici sono suddivise in formelle con vari motivi decorativi e simbolici come l’Agnello nella chiave di volta.
Il rosone e le due finestre monofore laterali sono in pietra gialla d’Angera. La data “10 ottobre 1527″ incisa sopra il portale, indica il termine dei lavori.
Le prime pitture in ordine di tempo sono quelle degli spicchi della cupola; esse raffigurano i quattro Dottori della Chiesa intervallati da coppie di Angeli.
Un’attenzione particolare merita la seconda cappella laterale sinistra, detta “Della Madonna delle Grazie”, con al centro il già citato affresco della Madonna del Latte, proveniente dalla chiesa più antica, un motivo pittorico che ricorre spesso nell’iconografia sacra.
Fu chiamata anche Madonna dei Miracoli e più tardi delle Grazie perché i fedeli la ritenevano miracolosa; sono presenti diversi ex voto a dimostrare la devozione e le grazie ricevute.
A testimoniare l’importanza del luogo, il 22 ottobre del 1578, il cardinale Carlo Borromeo decise di effettuare un pellegrinaggio di ringraziamento, per il termine dell’epidemia di peste.
Nella cappella troviamo stucchi e pitture ad affresco del 1596 di Camillo Procaccini, artista, pittore d’importanza rilevante per la Lombardia e il Canton Ticino. Le sue capacità, al di sopra della norma, gli valsero il soprannome di “Vasari della Lombardia”.
Le navate laterali terminano a sinistra con la Cappella di San Lorenzo e a destra con quella di San Bernardo. Sono opere della Bottega di Bernardino Lanino di Vercelli, terminate attorno al 1580. La tradizione ha sempre indicato nel volto del giullare di corte, il ritratto stesso di Bernardino Lanino.
Di particolare pregio le opere in legno, il fonte battesimale e il coro, realizzate nel 1582 dai vigezzini di Craveggia, Giovanni e Domenico Merzagora.
La parte più monumentale della Chiesa è il grandioso complesso architettonico dominato dalla cupola, i cui affreschi sono opera di Giulio Cesare Luini (1547).
La chiesa di Madonna di Campagna, già nel 1582 possedeva un organo, costruito da Pietro Antonio, organaro di Pallanza, allievo di Giovanni Cacciadiavolo. Un inventario del 1618, custodito presso la Curia di Novara, descrive questo organo con “…dodici registri, con dentro vari e diversi singolari istromenti che lo rendono perfetto e raro…”
Organo che con i secoli e i restauri è andato perso, sostituito da altri, uno probabilmente datato 1720 e poi dal maestoso impianto collocato sopra l’accesso principale, creato nel 1892 da Alessandro Mentasti e restaurato da Mascioni nel 1990.
Compresi nel complesso monumentale, vi sono anche un minuscolo camposanto, che tale rimase sino all’inizio del secolo scorso, mentre a sud si trova un ossario settecentesco, con pregevoli inferriate in ferro battuto, oggi trasformato in archivio e piccolo museo che faceva appunto parte del cimitero.
Sul lato nord un edificio d’inizio sec. XVII, già sede di seminario, per una ventina di chierici, dal 1606 al 1753. Fu chiuso, si crede, per la continua tensione, spesso degenerata in zuffe anche cruente, tra Pallanzesi e Sunesi. Litigavano perchè ognuna delle parti rivendicava, la chiesa come propria e questo sino al 1822. Quando si decise di costruirne una nuova a Suna.
L’area attorno alla chiesa, era un luogo di vera campagna, dagli anni trenta venne destinata a zona industriale con il complesso che nel dopoguerra divenne la Rhodiatoce e ora si trova proprio davanti all’ingresso di una fabbrica di materie plastiche.
Una zona a poche centinaia di metri dal lago che è diventata a forte urbanizzazione, vicina alla strada provinciale, tra supermercati, la Questura e il Tribunale di Verbania, vicinissima alla famosa Villa Taranto.
Il “miracolo del sole” della chiesa di “Madonna in campagna”, che vede i raggi colpire un punto preciso, l’affresco dell’Immacolata, in date precise, rimanda all’osservazione dei fenomeni celesti, delle religioni antiche presenti sul territorio, quando i luoghi di culto venivano scelti con cura e “orientati”.
L’affresco che raffigura l’Immacolata, vede al centro un viso a forma tonda, che richiama la forma splendente del sole. E’ stato poi incastonato da un lavoro di stucchi per opera di Camillo Procaccini.
Il sole compie il suo miracolo due volte l’anno da secoli, ogni 25 marzo e 15 agosto alle ore 17, quando puntualmente un raggio di sole attraversa il rosone e illumina il dipinto della Madonna.
E i giorni nei quali si verifica il miracolo non sono stati scelti a caso, sia dal punto di vista naturale che da quello religioso.
Il 25 marzo infatti segna praticamente l’inizio della Primavera e il risveglio della natura; per la religione cattolico-cristiana è il giorno in cui l’arcangelo Gabriele diede annuncio del concepimento di Gesù a Maria.
Invece il 15 agosto per la natura è il giorno in cui l’estate volta verso l’autunno, con le giornate che prendono già ad accorciarsi visibilmente e la temperatura inizia a cambiare, momento in cui la frutta arriva alla sua maturazione, così come il grano nei campi.
I Celti, fedeli osservanti della sacra circolarità del tempo dell’anno e delle fasi astronomiche, celebravano in questo periodo, apice dell’estate, il Lughnasad, la quarta e ultima festa cosmico-agraria del loro calendario.
La mezza estate corrisponde all’unione astronomica fra il sole e la luna, i luminari maggiori del cielo, celebrata anche dall’astrologia proprio con il segno femminile, lunare e acqueo del Cancro e quello maschile, solare e di fuoco del Leone.
La quarta grande festa celtica aveva una valenza particolarmente agricola e si proponeva di garantire il favorevole andamento del ciclo con buoni e abbondanti raccolti.
Per questo nell’occasione della festa di mezza estate si offrivano spighe di grano, mentre i festeggiamenti registravano fiere, con ricchi banchetti, grandi bevute e molti divertimenti.
Per la religione cattolico-cristiana, si festeggia invece l’assunzione della Beata Vergine, il momento nel quale, terminata la vita terrena, Maria viene accolta in Paradiso con l’anima e con il corpo.
Intorno al VII secolo, si iniziò a celebrare l’Assunzione di Maria, il cui dogma verrà riconosciuto come tale solo nel 1950.