sohn kee chung

Il maratoneta Sohn Ki-chung fu il primo coreano a vincere una medaglia olimpica quando ricevette l’oro nella maratona alla Olimpiade di Berlino del 1936, quando la Corea era annessa all’Impero giapponese fin dal 1910 e rimase sotto il suo controllo fino alla fine della seconda Guerra mondiale.

La corsa fece parte della vita di Sohn fin dall’infanzia, infatti era nato nel 1912 a Sinuiju, nella regione Pyeongan del Nord, ora in Nord Corea.

Sohn aiutò ben presto la sua famiglia ad arrivare alla fine del mese facendo dei lavori saltuari qua e là nella città, fra cui le consegne che lo  facevano correre da una parte all’altra per tutto il giorno.

Dopo a 12 anni vinse la Gara di corsa An-Ui, che si svolgeva sulla distanza di 5.000 metri, da Sinuiju a Antung, Sohn scelse di frequentare il Liceo Yangjeong di Seul, famoso per la sua squadra di corsa.

All’età di 16 anni, Sohn trovò un lavoro a Dandong, in Cina, e percorreva di corsa 8 chilometri per andare al lavoro e tornare dato che non aveva i soldi per i mezzi di trasporto.

Fra il 1933 e il 1936 Sohn vinse 10 delle 13 maratone a cui prese parte in Corea e in Giappone, qualificandosi per la squadra olimpica e il  3 novembre 1935 stabilì il record del mondo di 2 ore 26 minuti e 42 secondi, che durò fino al 1947, quando Suh Yun-Bok, da lui allenato, vinse la Maratona di Boston stabilendo un nuovo primato.

Il suo miglior tempo lo stabilì però il 25 aprile 1935, su un percorso che superava di 520 metri i 42 chilometri e 195 metri della maratona, ottenendo il tempo di 2 ore 25 minuti e 14 secondi, circa equivalenti a 2 ore 23 minuti e 28 secondi su un percorso standard.

Anche se era falice per la partecipazione alle Olimpiad. Sohn era costretto a competere non per la Corea, ma come maratoneta per il Giappone.

Il governatore giapponese della Corea non permise che gli altri atleti coreani partecipassero alle Olimpiadi come coreani, infatti furono costretti a parteciparvi come membri della delegazione giapponese e con nomi giapponesi, mentre Sohn fu registrato sotto il nome di Son Kitei, pronuncia giapponese dei caratteri cinesi del suo nome.

Il 9 agosto 1936 Sohn sorprese il mondo con la vittoria nella maratona su un tempo di 2 ore 29 minuti e 19 secondi, nuovo record olimpico ma il successo fu amareggiato dal fatto che per la premiazione fu innalzata non la bandiera coreana ma quella giapponese e fu l’inno giapponese a essere cantato nello stadio.

La medaglia d’oro di Sohn e quella di bronzo del suo collega coreano Nam Sung-yong, giunto terzo, vennero conteggiate a favore del Giappone nelle Olimpiadi estive del 1936 e a tutt’oggi vo sono accreditate ufficialmente.

In segito Sohn e Nam si rifiutarono di firmare in giapponese e firmarono solo con il loro nome in coreano e nelle interviste dissero che la Corea era la loro madrepatria.

Il quotidiano coreano Dong-a Ilbo pubblicò fotografie di Sohn e di Nam sul podio con il disegno della bandiera giapponese cancellato dalla loro uniforme, così il governo nipponico fece imprigionare otto persone e sospendere per nove mesi la pubblicazione del giornale.

Nel frattempo Sohn frequentò l’Università Meiji in Giappone, dove si laureò nel 1940 e nel 1945, quando la Corea fu liberata dal dominio giapponese, era ormai diventato un allenatore di corse che allenava i maratoneti per le competizioni internazionali, come Suh Yun-bok per la Maratona di Boston del 1947, dove arrivò primo, battendo il record mondiale del maestro con il tempo di 2 ore 25 minuti e 39 secondi, Ham Kee-yong, vincitore della Maratona di Boston del 1950 e Hwang Young-cho, medaglia d’oro nella maratona alle Olimpiadi estive del 1992 a Barcellona.

Sohn nel corso degli anni ricoprì varie cariche, compresa quella di presidente dell’Associazione coreana delle federazioni atletiche e di membro del Comitato olimpico coreano, fu il portabandiera alle Olimpiadi del 1948 a Londra ed ebbe un ruolo importante nell’ottenere per Seul il diritto di ospitare le Olimpiadi del 1988, per le quali gli fu assegnato l’onore di essere il corridore finale a entrare nello stadio con la torcia olimpica e mori nel 2002, a più di novant’anni.