CRISTINO DE VERA. EREMITA DELLA PITTURA

Dal 15 febbraio al 4 maggio, presso l’Instituto Cervantes di Roma è da vedere  la personale Cristino de Vera. Eremita della pittura, su uno dei grandi pittori spagnoli della seconda metà del Novecento, per la prima volta presentato al pubblico italiano.

L’esposizione, a cura di Juan Manuel Bonet, vede una trentina di opere tra oli su tela e disegni provenienti dalle rispettive collezioni della Fondazione CajaCanarias e della Fondazione Cristino de Vera, nonché da quella del Governo delle Isole Canarie.

Un’occasione veramente unica per ammirare l’opera di questo pittore solitario e amico della contemplazione, della meditazione e del silenzio nelle cui nature morte, paesaggi, ritratti, ci sono rimandi a Morandi e a Zurbarán.

I due quadri più antichi presenti nella  mostra sono del 1957 e, in Monaco, si percepisce l’impatto di Zurbarán sul pittore allora ventenne.

Di Zurbarán l’artista raccontò a Salvador Jiménez, che nel 1970 lo intervistò per la Abc “Sono interessato quanto o più interessato di Velázquez. Era più legato alla terra, era più austero e aveva quella nobiltà che possiamo trovare nella poesia di Antonio Machado.

I suoi successi nel campo della plastica sono straordinari. Fu il primo ad elevare una mela, una pentola, a categoria. Anche lui viveva umilmente e in lui c’era una teoria completa della luce.

Ancora nel 1973, l’enigmatico dipinto intitolato Cena e panni va contemplato come una sorta di refettorio zurbaranesco svuotato delle sue figure, e la stessa cosa avviene, vent’anni dopo, con Tavolo e Oggetti bianchi.”

Pittore della luce e del silenzio, dei piangenti, del paesaggio di Castiglia, con le sue città, i suoi umili cimiteri circondati da cipressi, e della sua isola natale, il cuore dell’opera de Vera è il suo essere anche  un ritrattista affermato come si può notare dall’effigie che rappresenta il suo collega e amico Antonio Quirós, infatti lo testimoniano le sue nature morte, molte delle quali sono vanitas e in cui possibile trovare specchi, rose, candele e bicchieri o tazze d’ispirazione morandiana, sebbene questo aspetto si inserisca nella tradizione spagnola tipica in Zurbarán e Luis Fernández, ma anche in Sánchez Cotán o Juan Gris.

Oltre alle tele, in mostra c’è una serie di disegni realizzati con uno spirito fortemente geometrico e con l’inconfondibile linea sottile cristiniana.