Cima alla genovese tagliata 1

Uno dei piatti simbolo della tavola pasquale in Liguria…

La cima ripiena alla genovese ha  le sue origini nella  cucina povera ligure.

Inizialmente preparata in modo semplice, come dimostra la sua farcia, la cima si è trasformata grazie all’ingegno e alla pazienza delle massaie in un piatto ricco e gustoso, che non richiede solo carne, uova ed erbette.

Per le donne liguri preparare la cima è vista come una atto di esorcismo contro streghe, magia e malocchio per evitare che esploda nella cottura, disperdendo nell’acqua il ripieno e lasciando soltanto la carne meno pregiata e, per garantire il success, è essenziale alzarsi presto al mattino, all’alba, per poi guardarsi allo specchio nel fondo di un tegame.

Inoltre si deve posizionare la scopa con la parte superiore rivolta verso l’alto sotto la cappa, in modo che, se una strega dovesse cercare di entrare, dovrebbe  perdere tempo contando le paglie di cui è composta la scopa, mentre la cima sarà già cucita e pronta per essere cotta.

La preparazione della farcia è un processo complesso che richiede numerosi ingredienti e  della carne finiva il quinto quarto, cioè quei tagli meno nobili, come animella, cervella, testicoli, poppa, midollo, uniti a uova, aglio, polpa di vitello, schienale, pinoli, Parmigiano Reggiano grattugiato, maggiorana, bietoline giovani, prezzemolo, piselli, carote, mollica di pane, olio extravergine d’oliva ligure, sale e pepe.

Una volta preparata la farcia, la carne di vitello è tagliata in modo da formare una tasca e viene farcita con gli ingredienti,  si deve bilanciare con attenzione la quantità di farcia rispetto alla dimensione della tasca, che non deve mai superare la metà, dato che il ripieno tende a gonfiarsi durante la cottura, rischiando così di fuoriuscire.

Successivamente, la cima è cucita a mano con filo o spago bianco per alimenti, per sigillare la farcitura nell’involucro di carne di vitello ed impedirne la dispersione durante la cottura, poi viene avvolta in un telo di lino e bollita con verdure per diverse ore.

Durante la cottura, è importante controllare periodicamente la carne e punzecchiarla con uno spillo in modo da far fuoriuscire l’aria ed il vapore che si sono formati durante la farcitura.

Alla fine la cima deve essere riposta su un piano e lasciata raffreddare a temperatura ambiente con un peso sulla sommità. .

La cima ripiena è che può essere gustato sia in inverno che nel periodo estivo e tradizionalmente veniva servita a temperatura ambiente, tagliata in fette non troppo sottili, dello spessore di 1,5 centimetro circa e può essere servita come secondo piatto, accompagnata da un contorno di verdure o insalata, ma può anche essere gustata con brodo di cottura, che diventa particolarmente saporito per presenza degli ingredienti della farcia.

Da sempre la cima è un piatto immancabile sulle tavole genovesi del pranzo  di Pasqua, perfetto per essere condiviso con amici e parenti, perfetto per stupire e deliziare i commensali.