carlo gozzi

Lo scrittore che portò nel teatro del Settecento il mondo della favola…

Carlo Gozzi  nacque a Venezia il 13 dicembre 1720, sesto dei dieci figli del conte Antonio Gozzi e Angiola Tiepolo.

La famiglia Gozzi viveva agiatamente, Carlo studiò privatamente,  in particolare interessandosi alla letteratura toscana.

Partì da Venezia nel 1738 per raggiungere la Dalmazia dove rimase fino al 1744, lì cominciò a recitare in piccoli teatri provinciali, tornò poi a casa nel 1744.

Nel 1747  Gozzi, insieme al fratello maggiore Gasparo, fondò l’Accademia dei Granelleschi di Venezia, di cui facevano parte i letterati determinati a preservare la tradizionale letteratura italiana, con modello gli scrittori toscani.

Data la sua posizione sulla conservazione della lingua, l’Accademia dei Granelleschi entrò presto in contrasto con Carlo Goldoni riguardo alla riforma teatrale.

Gozzi rimproverava ai suoi oppositori di non curare abbastanza lo stile e di trattare argomenti realistici, ma di fatto il vero motivo della sua opposizione alla riforma teatrale era il fatto che  avrebbe apportato grandi novità anche sul piano sociale poiché trattava temi attuali  i protagonisti erano persone di bassi ceti, non nobili.

A differenza di  Gozzi, Goldoni criticava profondamente la Commedia dell’Arte, caratterizzata da maschere tradizionali, personaggi stereotipati, improvvisazione degli attori sulla base di un canovaccio, inoltre attaccava la visione classicheggiante e antiquata del teatro in generale.

Tra il 1761 e il 1765, per dimostrare la superiorità del teatro tradizionale rispetto a quello innovativo di Goldoni, Carlo scrisse le dieci fiabe teatrali, rispettivamente L’amore delle tre melarance (1761), Il corvo (1762), Re cervo (1762), Turandot (1762), La donna serpente (1763), Zobeide (1763), I pitocchi fortunati (1764), Il mostro turchino (1764), L’augellino bel verde (1765) e il Zeim, re de’ geni (1765).

Le commedie ebbero molto successo grazie alla compagnia teatrale di Antonio Sacchi, che permise a  Gozzi di metterle in scena.

Altro lavoro del periodo, composto nel 1761, fu il poemetto cavalleresco La Marfisa Bizzarra, venne pubblicato solamente nel 1774 e deriva dall’omonima opera di Giovan Battista Dragoncino da Fano, un autore italiano del Rinascimento.

Gozzi nella Marfisa Bizzarra sceglie di riprendere alcuni dei personaggi tipici della commedia goldoniana per ridicolizzarli, oltre a denunciare la corruzione della Venezia del XVIII secolo.

All’interno di questa satira Carlo riprese la tematica della riforma teatrale, come anche in La tartana degli influssi per l’anno bisestile 1756, dove il linguaggio usato è ironico e unico.

Le droghe d’amore fu un dramma composto da Gozzi tra il 1775 e il 1776 e pubblicato l’anno successivo, poi rappresentato al teatro San Salvatore in tre atti.

Pubblicata tra il 1797 e il 1798 ma scritto da Carlo tra il 1777 e il 1779, Le memorie inutili è un’autobiografia dove lo scrittore racconta la situazione economica dei suoi ultimi anni di vita, dove fu costretto a dedicarsi ad alcune attività commerciali allo scopo di  evitare la bancarotta.

Durante i suoi ultimi anni di vita Gozzi si concentrò sulla scrittura di tragedie comiche che però non vennero apprezzate dal pubblico, poi iniziò su un dramma spagnolo poco prima della sua morte.

Carlo Gozzi morì a Venezia il 4 aprile 1806 ed è sepolto nella chiesa di San Cassiano.