Il 21 aprile 753 a. C venne fondata Roma, cuore del mondo antico, secondo la leggenda da Romolo, discendente della dinastia dei re di Alba Longa.

La leggenda della fondazione, i cui elementi risalgono all’età medio-repubblicana, si arricchì di vari particolari in epoca augustea, quando storici, antiquari e poeti raccontarono le origini della città ormai padrone di quasi tutto il mondo abitato, come Virgilio e Tito Livio.

Secondo Dionisio di Alicarnasso, il sito di Roma era occupato in età antichissima, da popoli di origine stirpe greca, prima gli Aborigeni, proveniente dall’Arcadia, che cacciarono dalla zona i Siculi, dopo essersi alleati con i Pelasgi, provenienti dalla Tracia, verso l’inizio del XIII secolo a.C. Trent’anni dopo nella zona arrivarono gli abitanti della città greca di Pallantio, sempre in Arcadia, guidati da Evandro e gli Aborigeni, governati da Fauno, li accolsero benevolmente.

Gli Arcadi si stabilirono sul colle Palatino, chiamato così in memoria della città di Pallantio, introdussero nella regione l’alfabeto greco e modi di vita più civili.

A questo punto Virgilio e Tito Livio raccontano l’arrivo in Italia di Enea che, dopo esser sfuggito alla distruzione di Troia con alcuni compagni, arrivò sulle coste del Lazio, fondando la città di Lavinio.

Il re degli Aborigeni, Latino, strinse con Enea un’alleanza, consolidata con il matrimonio tra l’eroe troiano e la figlia del re, Lavinia, ma Turno, re dei Rutuli, alleatosi con l’etrusco Mezenzio, dichiarò guerra ai due sovrani.

Lo scontro terminò con la morte di Turno e la vittoria dei Troiani e degli Aborigeni.

Dopo la morte di Latino Enea assunse il comando dei due popoli, che da quel momento sarebbero stati chiamati Latini.

Pochi anni dopo, morto Enea, il trono passò al figlio Ascanio, che fondò la città di Alba Longa.

In seguito il trono passò nelle mani di Numitore, ma il fratello minore di costui, Amulio, per impossessarsi del trono, tramò un complotto ai danni del re, uccidendone il figlio e costringendo la secondogenita Rea Silvia a diventare una vestale, per impedire di dar vita a una successione legittima.

Poco tempo dopo, tuttavia, Rea Silvia rimase  incinta per opera del dio Marte e Amulio, temendo che questo potesse intralciare i suoi piani, la fece imprigionare e, dopo la nascita di una coppia di gemelli, chiamati Romolo e Remo, ordinò alle sue guardie di condurre i bambini presso un’ansa del fiume Tevere e di abbandonarli al loro destino.

I gemelli si salvarono grazie all’intervento di una lupa, che, udendo i vagiti dei neonati, li allattò. Romolo e Remo vennero poi trovati da un pastore della zona, Faustolo, che li crebbe con alla moglie Acca Larentia.

Dopo aver scoperto la loro vera identità, i gemelli aiutarono il nonno Numitore a ritornare sul trono, uccidendo Amulio.

Ripristinato il trono del nonno, i gemelli decisero di fondare una nuova città nei luoghi dove avevano trascorso la loro infanzia.

Per stabilire a chi sarebbe toccato il governo del nuovo centro, i due si affidarono alla volontà divina, manifestata attraverso il volo degli uccelli.

Sul colle Aventino, Remo per primo vide sei avvoltoi, mentre Romolo, che era sul Palatino, ne vide dodici.

A questo punto ci fu una feroce contesa tra i due fratelli sull’interpretazione da dare ai segni divini, poiché secondo Remo a prevalere doveva essere il momento dell’avvistamento, secondo Romolo doveva essere dato maggior valore al numero di uccelli riconosciuti.

Alla fine la contesa sfociò in uno scontro armato, in cui Remo trovò la morte per mano di Romolo. Acclamato re dai presenti, Romolo tenne tutti i riti necessari per ufficializzare la fondazione della città prendendo nuovi auspici, tracciando con un aratro i suoi confini sacri, poi li fortificò con la costruzione di un muro difensivo, e organizzò la comunità di pastori in una vera e propria città.