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Nel Veneto degli anni Settanta uno scrittore, in un giorno di fine agosto, cavalcava con un amico sul greto del fiume Piave, dove a un tratto vide una casa in rovina, coperta da un grosso gelso che le stava di fronte.

Lo scrittore era Goffredo Parise e quella casa gli piacque da subito, al punto che decise di comprarla.

Dopo aver girato il mondo e aver cambiato quaranta abitazioni nel corso della sua avventurosa vita, Parise, originario di Vicenza, decise da andare a vivere a Salgareda, nel Trevigiano, in una casetta di mattoni, con un grande prato davanti, una siepe a far da staccionata e la vista verso il fiume, costruita all’interno di una golena, in Veneto detta grave.

Quella casetta oggi è come l’ha lasciata lo scrittore, nel 1982, quando a causa della sua malattia degenerativa fu costretto a trasferirsi nel centro di Ponte di Piave.

Salgareda e Ponte di Piave sono i due mondi dove visse Goffredo Parise nei suoi ultimi anni di vita, minuti, simbolo della provincia italiana, in quella parte della Marca trevigiana dove si sente il fascino della laguna.

A Salgareda, unico paese veneto ricostruito dopo esser stato raso al suolo dal fuoco amico durante la prima guerra mondiale, poiché si trovava dal lato asburgico del fronte, ci sono robusti campanili alla veneziana, le ville come Villa Molon, sede di una cantina con annesso museo della civiltà contadina, e il Sacrario militare di Fagarè della Battaglia, appena oltre il Piave, sulla sponda occidentale, dove riposano le spoglie di 5.191 soldati italiani, di un austro-ungarico e di un americano, il tenente Edward McKey, ufficiale della Croce Rossa e amico dello scrittore Ernest Hemingway, allora solo un autista d’ambulanza.

Nella cappella sono scolpiti nel ferro i versi di Ucciso, la poesia che Hemingway dedicò all’amico tenente.

La casa color mattone, dove Parise scrisse i Sillabari, dal 2006 è custodita da Moreno Vidotto ed Enzo Lorenzon, i nuovi proprietari, ed è composta di tre stanze sotto, tre al piano di sopra, un letto in legno di cirmolo, la Lettera 22 dove lo scrittore amava scrivere e gli stivali di cuoio con cui camminava, oltre a una raccolta di prime edizioni e traduzioni dei suoi libri, mentre per l’ estate ci sono le letture di poesia sotto i gelsi.

A Ponte di Piave, dove Parise visse gli ultimi anni, c’è una casa che per sua volontà è stata donata al Comune per farne un centro di cultura viva e con una sola richiesta: che le sue ceneri fossero sepolte in giardino sotto una stele minimalista, dove non compare nemmeno il nome, solo GO. PA.

Il secondo piano della casa oggi è la biblioteca comunale, dove i ragazzi vengono a studiare e le persone a leggere il giornale e gli spazi vissuti da Parise sono intatti, con i quadri di Giosetta Fioroni, la sua compagna, e di Mario Schifano, oltre a cinque tele opera dello scrittore, alcuni cimeli dei viaggi in Oriente e la libreria ordinata per autore.

La memoria di Parise a Ponte di Piave ha lasciato molto, infatti accanto alla stazione si trova un murale che lo rappresenta e nella trattoria Da a Bèa, accanto a una delle tante rotonde della zona, c’è sulla destra, accanto al bancone, una foto in bianco e nero di Parise intento a battere sui tasti della sua Olivetti e nella dedica scritta a mano il 27 agosto 1983 lo scrittore ringraziava per la squisita cena.