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Pericle non fu solo un grande politico dell’antica Grecia, ma divenne un simbolo della democrazia, nato ad Atene nel 495 a.C. in una famiglia di origini aristocratiche.

Suo padre Santippo era il comandante della flotta ateniese nella battaglia di Micale e sua madre, Agariste, era la nipote di Clistene e discendente dalla famiglia degli Alcmenoidi. 

Pericle si avviò all’attività politica con i democratici, sotto la guida di Efialte, diventando uno dei principali sostenitori del pensiero di Temistocle e uno dei più accaniti oppositori del partito aristocratico-conservatore ateniese.

Nel 463 a.C. accusò pubblicamente il conservatore Cimone di corruzione e un anno dopo approfittò della fallimentare politica filo-spartana dei conservatori per far allontanare il rivale per ostracismo.

Insieme a Efialte esautorò l’areopago a favore della bulè e dell’ecclesia e nel 461 a.C. Pericle fu nominato capo dei dieci strateghi.

Alla guida di Atene attuò una riforma democratica che conferì a tutti i cittadini ateniesi di partecipare alla vita politica e all’amministrazione dei beni pubblici, imperniata sulla promozione dell’arte e della cultura, sull’attuazione di riforme sociali e di riforme democratiche.

Nel 453 a.C. restaurò la carica dei giudici dei demi, istituita da Pisistrato e, per consentire la partecipazione agli incarichi pubblici anche ai cittadini meno abbienti, ideò un compenso in denaro per i funzionari e l’affidamento delle cariche per sorteggio.

Pericle favorì anche una diffusa rete di previdenza sociale introducendo il sussidio per gli organi e per gli invalidi, oltre alla realizzazione delle grandi opere pubbliche, come il Partenone.

Atene con lui raggiunse il suo massimo splendore e la democrazia ateniese toccò il suo culmine nel mondo antico.

Mentre in patria favoriva l’eguaglianza sul piano estero Pericle impose una politica imperialista sia agli alleati della lega delo-attica sia ai nemici, nei confronti sia di Sparta che della Persia.

Nel 449 a.C. Atene fu costretta a sottoscrivere un trattato di pace con la Persia in cui si impegnava a rispettare le sfere d’influenza persiane e nel 446 a.C. stipulò con Sparta un trattato trentennale di pace in cui riconosce l’egemonia della rivale nel Peloponneso.

Le riforme sociali e la realizzazione delle grandi opere pubbliche in Atene avevano aumentato radicalmente le spese pubbliche e Pericle dovette attingere ai tributi imposti sulle città alleate della lega delo-attica e alle città nemiche conquistate.

Nel 451 a.C., quando le guerre contro Sparta e la Persia erano ormai perse, Pericle limitò il riconoscimento del diritto di cittadinanza ai soli nati da entrambi i genitori ateniesi per fermare la crescita della spesa sociale, poi eliminata venti anni più tardi al fine di consentire ai suoi figli naturali di ottenere la cittadinanza ateniese.

La controversa politica di Pericle fu anche l’inizio della decadenza ateniese, infatti nel 432 a.C. una serie di provocazioni ateniesi causò la guerra contro la Lega del Peloponneso e Sparta.

Nel 431 a.C. i lacedemoni invasero la regione dell’Attica, dove Pericle fu costretto a far trasferire la popolazione ateniese dentro la città fortificata, per garantire gli approvvigionamenti alla città e sferrare incursioni lungo le coste del Peloponneso.

Le cattive condizioni igieniche della vita all’interno delle mura di Atene causarono però il diffondersi di un’epidemia di peste e lo stesso Pericle nel 429 a.C. ne fu vittima.

Con Pericle la città di Atene arrivò al suo massimo splendore ma si avviò anche verso la sconfitta negli anni della lunga guerra contro Sparta.