La brusca uscita di scena dal mondiale inglese, per opera dei coreani, ebbe due effetti immediati sul calcio italiano, il primo fu la chiusura delle frontiere, per favorire l’utilizzo dei calciatori italiani e il secondo fu l’arrivo di Valcareggi, vice di Fabbri, alla guida della nazionale.
Il nuovo C.T. si affidò al blocco interista, rinunciando ai bolognesi, usando la tattica della difesa a oltranza, con contropiede annesso, e la conferma arrivò agli Europei del 1968, disputati in Italia e vinti dopo una tesissima semifinale e la finale che vide la coppa alzata al cielo da Facchetti.
Dopo il facile passaggio delle qualificazioni, dunque, l’Italia si ripresentò al mondiale da protagonista e alla fase finale, affidata al Messico due anni dopo le Olimpiadi, il ruolo di favorito spettava al Brasile con una formazione dove, a Pelé e al suo erede Tostão, Zagalo decise di aggiungere Jairzinho a destra, Gerson in appoggio e Rivelino a sinistra.
Il roster delle partecipanti mancava del Portogallo, terzo in Inghilterra, e la Jugoslavia, vicecampione d’Europa, ma anche dell’Argentina, che dopo aver visto preferito il Messico nel ruolo di organizzatore, perse, nelle qualificazioni, con il Perù allenato da Didí.
Novità assoluta di questa edizione era la possibilità di fare due sostituzioni e l’Italia fu quella che meglio di tutti saprà approfittarne.
Già dalla gara inaugurale si capì che non sarà un torneo spettacolare, complice anche l’altura che influiva sulle prestazioni atletiche, infatti l’Urss si limitò a un pareggio con i padroni di casa, utile a entrambe le squadre per passare il turno a braccetto, a scapito di Belgio ed El Salvador la cui qualificazione, ai danni dell’Honduras, fece scoppiare un conflitto armato tra i due paesi.
Senza problemi anche Brasile e Inghilterra, con i brasiliani che s’imposero grazie ad un Jairzinho in stato di grazia e fu facile anche per la Germania, seguita dal Perù, con Bulgaria e Marocco impotenti.
L’Italia vinse di misura all’esordio con la Svezia, pareggiando poi a reti inviolate le altre due gare, con Uruguay e Israele. Nel ritiro azzurro Rivera fu escluso dall’undici titolare dopo una dichiarazione polemica per l’esclusione dai convocati dell’amico Lodetti e Riva giocava a mezzo servizio, perché non al meglio per questioni fisiche e psicologiche.
L’accoppiamento dei quarti di finale vide l’Italia opposta ai padroni di casa, ma la fortuna venne in aiuto su un tiro di Domenghini deviato nella propria porta da un difensore.
Nella ripresa Valcareggi varò quella che sarà ricordata per sempre come la staffetta, tra i due grandi rivali, uscì Mazzola ed entrò Rivera, che portò a due reti di Riva e una firmata da lui stesso.
Intanto la Germania si vendicò dell’Inghilterra quattro anni dopo la sconfitta di Wembley, grazie a un gol nel secondo tempo supplementare, com Muller.
Le quattro semifinaliste erano Brasile, Italia e Uruguay, che puntavano al tris per vincere definitivamente la Coppa Rimet.
L’Uruguay, forte del suo gioco utilitaristico, con sole tre reti segnate in quattro gare, mise in crisi l’attacco atomico dei brasiliani per tutto il primo tempo, ma Jairzinho e Rivelino mandarono in finale il Brasile.
Nel frattempo, allo stadio Azteca di Città del Messico, Italia e Germania Ovest diedero vita a quella che fu definita come la Partita del secolo.
La Germania giocava col favore del pubblico, perché gli azzurri avevano la colpa di aver eliminato i padroni di casa.
Se la rete iniziale di Boninsegna, infatti, sembrava sufficiente a portare gli italiani all’atto conclusivo, all’ultimo assalto Schnellinger, che giocava nel Milan, riuscì a pareggiare i conti in mischia.
Durante i supplementari la Germania fu subito avanti con Muller e presto venne raggiunta da un colpo a sorpresa di Burgnich e nel secondo supplementare Muller colpì ancora, con Rivera che, appostato sul palo, non riuscì a intercettarne il tiro.
Rivera, inseguito dal portiere Albertosi, si lanciò in avanti e battè Maier con un piattone in controtempo e in Italia esplose l’entusiasmo per la terza finale della storia azzurra.
Lla Germania ebbe il terzo posto imponendosi sull’Uruguay, mentre Brasile e Italia si presentarono all’Azteca con la Coppa Rimet in palio.
L’Italia vi arrivò nel pieno delle polemiche, poiché molti desideravano vedere Rivera in campo fin dall’inizio, mentre Valcareggi era intenzionato a confermare l’undici di partenza, spaventato dal calo fisico del secondo tempo contro i tedeschi.
Fin dai primi minuti la gara vide i brasiliani in vantaggio, dopo che, al 18°, su cross dalla sinistra, Pelé si alzò letteralmente in cielo, sovrastando Burgnich e battendo Albertosi.
L’Italia rimase compatta, trovando il pareggio venti minuti dopo, quando Everaldo sbagliò un disimpegno e Boninsegna, anticipando pure il compagno Riva, lo punì infilando Felix.
Nella ripresa ci si aspettava l’ingresso in campo di Rivera, ma Valcareggi mantenne in campo Mazzola, più adatto in copertura, mentre il Brasile finì per dilagare con Gérson e Jairzinho, prima del gol di Carlos Alberto, a quattro minuti dal termine, mentre era in campo anche Rivera, buttato nella mischia due minuti prima.
Mentre Pelé alzava al cielo la sua terza Rimet, in Italia esplosero le polemiche e, al ritorno in patria, già sembrava dimenticata quella partita che passerà alla storia:Italia – Germania 4 a 3, ricordata anche da una targa allo stadio Azteca che dice “El Estadio Azteca rinde homenaje a las selecciones de Italia (4) y Alemania (3) protagonistas, en el Mundial de 1970, del PARTIDO DEL SIGLO. 17 de junio de 1970”