Una personalità importante nella Rimini del primo Novecento…
Alberto Marvelli nacque a Ferrara il 21 marzo 1918, secondo dei sette figli di Alfredo e Maria Mayr.
Per il lavoro del padre, direttore di banca, la famiglia visse in varie città e a Mantova, nel 1927, Alberto si accostò per la prima volta all’Eucaristia presso la chiesa dei padri Gesuiti.
Dal 1930, la famiglia si stabilì a Rimini, ma il 7 marzo 1933, Alfredo Marvelli morì e Alberto, poiché il fratello maggiore Adolfo era entrato all’Accademia militare, dovette aiutare la madre nella guida della famiglia.
Alberto divenne un assiduo frequentatore della parrocchia di Maria Ausiliatrice, retta dai Salesiani di Don Bosco, era capace di coinvolgere i ragazzi nel gioco e nella preghiera, inoltre aderì al Circolo Don Bosco della Gioventù Cattolica Italiana.
Grazie all’Azione Cattolica fece una serie di esperienze di apostolato e a quindici anni era delegato degli Aspiranti, mentre a diciotto divenne il presidente della sezione parrocchiale.
Nell’anno scolastico 1931- 32 iniziò a frequentare la quarta ginnasio, dove era uno dei migliori, specialmente nelle materie scientifiche, suggeriva ai compagni durante le interrogazioni ed era anche disposto a passare la traduzione di greco o di latino, raccomandando di non copiarla, ma di confrontarla.
In quel liceo studiava anche Federico Fellini, il grande regista, di due anni più giovane, che ebbe sempre un buon ricordo di Alberto.
Alberto pensò d’iscriversi all’Accademia Navale di Livorno, ma non venne ammesso perché era leggermente astigmatico e il 1 dicembre 1936 si stabilì a Bologna per frequentare la facoltà d’Ingegneria meccanica.
Per mantenersi agli studi, durante i mesi estivi dal 1937 al 1939 lavorò in alcuni stabilimenti per la lavorazione della barbabietola da zucchero e, per preparare la tesi, si trasferì a Milano, lavorando presso la fonderia Bagnagatti di Cinisello Balsamo dal 24 agosto al 30 novembre 1940.
Si laureò nel luglio 1941, poi per tre mesi seguì l’addestramento per le reclute dell’Esercito, prima a Trieste e poi a Torino e fu congedato il 2 dicembre 1941 perché i fratelli Adolfo e Carlo, erano già sotto le armi.
Alberto trovò lavoro presso la Fiat di Torino, dove rimase per un anno, i dirigenti apprezzavano la sua perizia tecnica, ma il ragazzo era insoddisfatto di un lavoro sedentario.
Tornò a Rimini nell’ottobre 1942, per stare vicino alla madre, rimasta sola con i due figli più piccoli, poiché anche Raffaello, il quartogenito, era stato arruolato.
Nel marzo 1943, Alberto fu richiamato dall’Esercito e dovette partire per la caserma di Dosson, in provincia di Treviso e dopo l’8 settembre a differenza del fratello Adolfo, che scelse di entrare nelle formazioni partigiane della Val D’Ossola, decise di tornare a Rimini e trovò un impiego alla Todt, l’organizzazione che doveva rafforzare le difese sulla spiaggia.
Quando Rimini fu vittima di numerosi bombardamenti, poiché si trovava alla fine della Linea gotica, ovvero la linea di difesa che cominciava a Pisa, Alberto si prodigò per i suoi concittadini e anche per la sua famiglia, che sistemò a Vergiano.
Alla fine della guerra, il Comitato di liberazione nazionale lo nominò rappresentante della Democrazia cristiana nella nuova Giunta comunale e gli assegnò la presidenza della Commissione edilizia e della Commissione comunale alloggi.
Nel giro di poco tempo, Alberto fu nominato ingegnere responsabile della sezione locale del Genio civile, commissario per la sistemazione del fiume Marecchia, presidente della sezione della Società Montecatini, delegato del vescovo all’interno della commissione per il Piano regolatore.
Alberto riuscì anche a rifondare l’Università popolare voluta da Igino Righetti, che fu chiusa dal fascismo, e il gruppo dei Laureati cattolici, di cui divenne presidente, dedicandosi in particolare all’attività di preghiera e di formazione.
Le insistenze del suo caro amico Benigno Zaccagnini lo spinsero a impegnarsi in politica in prima persona, arrivando a candidarsi alle elezioni comunali del 1946.
La sera del 5 ottobre 1946, mentre si recava sulla sua bicicletta a tenere l’ultimo comizio, Alberto venne investito da un camion militare e, portato in ospedale, morì tra le braccia di sua madre, a soli ventotto anni.
La sua tomba, inizialmente nel cimitero cittadino, dal 5 ottobre 1974 si trova nella chiesa di Sant’Agostino a Rimini, vicino alla parrocchia che frequentava e san Giovanni Paolo II, il 29 agosto 1982, lo presentò come un modello da seguire per la gioventù, durante la terza edizione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli.
Alberto venne proclamato Venerabile il 22 marzo 1986, fu beatificato il 5 settembre 2004, nella spianata di Montorso a Loreto, insieme a Giuseppina Suriano e don Pedro Tarrés Claret, e la sua memoria cade il 5 ottobre.