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All’inizio del III secolo d.C. a Roma regnava l’imperatore romano Settimio Severo, che aveva due figli, Bassiano Antonino, nato a Lione nel 188, detto Caracalla per il mantello militare che distribuiva a popolo e soldati, e Geta, nato nel 189.

I due ragazzi si odiavano e non erano interessati né alla patria nè alla guerra, amavano solo i giochi dei gladiatori, le corse dei cocchi e i piaceri della vita.

Settimio Severo condusse i figli sul campo di battaglia fin dai primi anni, ma non riuscì a convertirli ai valori paterni.

Alla morte di Settimio, avvenuta in Bretagna nel 211 d.C, i fratelli tornarono a Roma con le ceneri del padre, poi sepolte nella tomba degli Antonini, è si stabilirono nella reggia sul Palatino, ciascuno con una legione di soldati.

La madre Giulia Domna decise di riconciliarli, ma Caracalla, quando seppe che Geta stava per arrivare nella dimora materna, lo fece uccidere dai suoi sicari.

Caracalla si recò poi al campo dei Pretoriani, dove Geta era ben conosciuto, e raccontò d’essere sfuggito a un attentato dal fratello, poi regalò a ciascun soldato duemilacinquecento denari.

Al Senato raccontò la stessa storia accordando l’amnistia generale, mentre fece uccidere tutti gli amici e i simpatizzanti di Geta dai soldati, che ne saccheggiarono le case.

Giulia Domna poi collaborò con Caracalla al governo, dirigendo la cancelleria imperiale, in modo che ogni editto portasse anche il suo nome.

Un anno dopo l’assassinio di Geta Caracalla lasciò Roma e si recò in Gallia e poi in Rezia, contro un popolo che minacciava i confini occidentali dell’impero, gli Alemanni.

Dalla Rezia si recò in Oriente, e per emulare le gesta di Alessandro il Grande cercò di assoggettare la Parzia, poiché nel 209 era morto Vologeso IV e, dopo un periodo di contrasti, i due figli, Vologeso V e Artabano V si erano spartiti l’impero.

Caracalla viaggiò in seguito verso il Danubio, dove concluse un accordo con i Daci facendosi consegnare un gran numero di ostaggi, poi passò in Asia e si stabilì a Nicomedia per preparare la guerra.

Subito dopo l’imperatore invitò con una scusa Abgare, principe dell’Osroene, a Nicomedia, e, dopo averlo fatto prigioniero, s’impadronì del suo stato trasformando Edessa in una colonia romana e lo stesso fece col re dell’Armenia con moglie e figli, ma la popolazione rifiutò di sottomettersi e dovette desistere.

Caracalla viaggiò poi ad Antiochia e Alessandria di Egitto, dove invitò i primi cittadini a un banchetto, li fece uccidere tutti, poi sparse i suoi soldati per le vie, dove fecero un massacro. Alessandria venne in seguito abbandonata al saccheggio e poi divisa con un muro in due quartieri non comunicanti.

Nel 216 Caracalla tornò ad Antiochia e mosse guerra ai Parti per punire Artabano V che gli aveva negato la mano della figlia, così devastò la Media, occupò la città di Arbela e distrusse i sepolcri degli antichi re, ma non si avventurò nella Parzia, dove il nemico era fuggito, e tornò in Mesopotamia per svernare a Edessa.

Qui fu ordita la congiura per uccidere l’imperatore da Opellio Macrino, prefetto del pretorio e l’esecutore fu Marziale, della guardia imperiale, che odiava Caracalla per una mancata promozione.
Nel 217 d.C., Caracalla si recò a Carre per fare un sacrificio alla Dea Luna e durante il viaggio fu assassinato da Marziale, che venne subito dopo trucidato dalle guardie dell’imperatore.
Giulia Domna apprese ad Antiochia la notizia della morte del figlio e, disperata, si lasciò morire rifiutandosi di mangiare.