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Francesca Saverio Cabrini, la cui memoria cade il 22 dicembre, è oggi la più nota e stimata fondatrice di congregazione finalizzata all’assistenza sociale.

Nacque a Sant’Angelo Lodigiano il 15 luglio 1850 da una famiglia di contadini benestanti, da cui apprese il fervore religioso, lo spirito d’iniziativa e, fatto non frequente in un’epoca di conflitto tra Stato e Chiesa dopo la fine del potere temporale del Papa, un sincero amore per la patria.

La sua vocazione si caratterizzò ben presto in senso missionario perché in casa arrivavano gli Annali della Propaganda Fide, alla cui lettura si era appassionata.

Conseguita la licenza magistrale, dopo la morte dei genitori e l’emigrazione del fratello in Argentina, rimase con la sorella Rosa per prendersi cura di un’altra sorella, Maddalena, che era inferma.

Insegnò per un paio d’anni come supplente a Vidardo riuscendo, nonostante la proibizione governativa e la presenza di un sindaco anticlericale, a insegnare la dottrina cristiana in classe, poi su invito del vescovo di Lodi entrò nella Casa della Provvidenza a Codogno e nel 1877 vi fece la professione con i nomi di Saveria Angelica del Bambin Gesù, prima diventandone segretaria e poi vice-superiora.

Il 14 novembre 1880, con sette compagne che erano con lei nella Casa della Provvidenza, Francesca fondò, nei locali di un antico convento, la Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, un titolo ritenuto insolito per una congregazione di suore, ma difeso strenuamente dalla fondatrice.

Nelle Costituzioni approvate dal vescovo, lo scopo dell’Istituto era di lavorare al bene delle anime tanto nei paesi civili quanto fra gli infedeli e non limitando l’ambito delle opere, anche se circoscritto a istituzioni educative, all’assistenza ospedaliera e alle opere parrocchiali.

Più che mai decisa ad attuare il suo ideale missionario, Francesca raggiunse Roma dove fece voto di recarsi in Oriente con sei suore e fondò la casa centrale dell’Istituto.

Ma nel 1888 incontrò a Castelsangiovanni, nel Piacentino, il vescovo Scalabrini che la invitò, anche a nome dell’arcivescovo di New York, a lavorare tra gli emigrati italiani, allora trattati alla stregua degli schiavi e disprezzati dagli americani.

Francesca vi si recò nel marzo 1889 cominciando un’avventura che l’avrebbe portata ad erigere nelle Americhe più di cinquanta istituti e a essere proclamata da Pio XII, nel 1950, patrona degli emigranti e, nel 1952, dal Comitato americano dell’emigrazione italiana, come la più illustre emigrata del secolo.

Il primo impatto con la metropoli statunitense non fu facile, poiché l’arcivescovo Corrigan cercò addirittura di rimandare in patria quelle suore che non avevano una sufficiente base finanziaria per i loro progetti.

Ma Francesca, forte dell’assenso del Papa che l’aveva incoraggiata, trovò l’aiuto di una ricca cattolica americana, la contessa De Cesnola, moglie di un italiano che era il direttore del Metropolitan Museum, e aprì una prima scuola femminile in un appartamento offerto dalla contessa, poi le suore s’impegnarono nell’assistenza e nell’insegnamento nei quartieri più degradati della città.

Francesca riuscì a convincere gli italiani più ricchi a ad aiutare i connazionali poveri in modo che potessero inserirsi nel contesto sociale americano senza dimenticare la loro origine.

Secondo la sua strategia educativa, le suore si rivolgevano agli emigranti in italiano, e nella stessa lingua facevano celebrare i servizi religiosi nelle chiese annesse ai loro istituti, nonché le rappresentazioni teatrali, mentre italiano era il personale degli ospedali e buona parte di quello delle scuole e nel contempo, insegnandogli l’inglese, ne favorivano l’inserimento nella società americana facendone dei buoni cittadini.

Nel 1890, sulle colline di West Park, a un centinaio di km dalla città, sorse il collegio di Manresa dove fu collocato il noviziato per l’America settentrionale e l’anno dopo, al ritorno da un viaggio in Nicaragua, Francesca organizzò una scuola e un orfanotrofio a New Orleans per i figli degli italiani e dopo solo quattro mesi, insieme alla comunità italiana, effettuò una processione religiosa per le vie della città, dove per la prima volta gli italiani furono applauditi in pubblico.

Tornata a New York, salvò dal fallimento l’ospedale Columbus in cui erano curati gli emigrati italiani, aprendone un altro, il Columbus II, che diventò uno dei più importanti istituti medici della città.

Gli ultimi anni della sua vita, tra un viaggio e l’altro dall’Europa alle Americhe, li dedicò all’assistenza ai carcerati italiani, impossibilitati a difendersi per l’ignoranza dell’inglese, infatti le suore fecero riaprire alcuni processi e assicurarono i contatti tra i detenuti e le loro famiglie.

Madre Cabrini morì a Chicago, durante una delle visite che compiva periodicamente alle sue case, il 22 dicembre 1917, lasciando sessantasette fondazioni e circa milletrecento missionarie.

Nel 1925 fu consacrata a Codogno la Casa del Tabor, che era stato tanto desiderata da Francesca, l’anno dopo le sue suore andarono in Cina, nel 1936 in Africa, nel 1948 in Australia.

Fu beatificata nel 1938 da Pio XI e canonizzata da Pio XII il 7 luglio 1946, grazie ad una speciale dispensa di papa Pio XI dalla legge che allora stabiliva l’inizio della discussione sopra l’eroicità delle virtù non prima del 50° anno dalla morte.

A Roma, nella basilica di San Pietro, in una delle nicchie riservate ai grandi Fondatori c’è anche la statua di Francesca Saverio Cabrini, e un’altra è collocata su una guglia del duomo di Milano.