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Per il 2 giugno, festa della Repubblica, raccontiamo la storia di un giornale leggendario del secondo dopoguerra…

Candido, che fu il settimanale umoristico più noto degli anni Cinquanta, fu  fondato nel 1945 a Milano da Giovanni Mosca e Giovannino Guareschi, edito da Angelo Rizzoli.

Il punto di vista del giornale era una frizzante presa in giro alla politica italiana degli anni del dopoguerra, in particolare verso i comunisti italiani, l’Unione Sovietica e i paesi del patto di Varsavia.

Nel 1946 il settimanale fu a favore della scelta istituzionale monarchica e, per le elezioni politiche del 1948 fece campagna per lo schieramento moderato, con lo slogan «Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no!» che fornì un contributo alla vittoria della Democrazia Cristiana sul Fronte Democratico Popolare.

Alle elezioni del 1953 Guareschi fece schierare Candido a favore del Partito Nazionale Monarchico,  lamentando la corruzione dilagante all’interno degli ambienti della DC e il disinteresse per il problema di Trieste, ancora sotto amministrazione alleata.

Una scelta che fu replicata anche nel 1958 quando,  nonostante gli scarsi risultati, il Candido invitò a votare per i due partiti monarchici.

Alcune delle rubriche del Candido divennero popolari, come Giro d’Italia, Lettere al postero, Visto da destra-Visto da sinistra, Nord-Sud, Il cantastorielle, Cuore epurato, Le osservazioni di uno qualunque, Il dolce stil novo, Lettere ai contemporanei e le vignette umoristiche della serie con il tormentone «Obbedienza cieca, pronta e assoluta: contrordine compagni!», dove erano sbeffeggiati i militanti comunisti che, soprannominati i trinariciuti, erano disegnati con una terza narice, che secondo Guareschi serviva a «far uscire il cervello da versare all’ammasso del Partito»,

Il 28 dicembre 1946 apparve su Candido il primo racconto di Don Camillo, che divenne una saga ventennale in 346 puntate e cinque film amata in tutto il mondo, nato per riempire i buchi delle pagine della rivista.

Ma con Candido, Guareschi ebbe una serie di guai giudiziari.

Il primo fu per una vignetta che irrideva la figura di Luigi Einaudi, capo dello Stato e proprietario di una tenuta vinicola, e poi ebbe una più grave seconda esperienza quando pubblicò due lettere, una dattiloscritta e una vergata a mano, attribuite a Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, indirizzate agli anglo-americani , dove si suggeriva di bombardare la periferia romana per mettere in cattiva luce gli alleati dei tedeschi e favorire così l’espulsione di questi dalla capitale.

Il processo, nel 1954, vide il Tribunale impedire  l’autenticazione degli scritti e non ammettere alcune testimonianze, così favorì De Gasperi grazie all’arte oratorie dell’avvocato Delitala.

Guareschi fu condannato a dodici mesi di carcere, decise di non ricorrere in appello e alla fine scontò 409 giorni fra cella e arresti domiciliari, poichè si aggiunse l’aggravante del reato contro Einaudi e non accettò il perdono e la grazia, restando l’unico giornalista italiano a subire l’intero percorso carcerario per una pubblicazione.

A fine luglio 1955, mentre scontava la libertà vigilata a Roncole, Giovannino inaugurò sul Candido una nuova rubrica, Lettere dal carcere e tra il 1956 e il 1957 il settimanale assunse gradualmente la veste del rotocalco.

Il 10 novembre 1957  Guareschi lasciò la direzione ad Alessandro Minardi, pur continuando a scrivere come collaboratore della rivista.

Nel 1961 l’editore Angelo Rizzoli chiuse il settimanale per un diverbio con Guareschi, infatti era uscito il  quarto film della famosa saga di don Camillo: Don Camillo monsignore… ma non troppo, ma lo scrittore sconfessò la sceneggiatura, che per lui era lontanissima dallo spirito del romanzo.

Ne nacque una dura discussione con l’editore e Guareschi decise di interrompere definitivamente la collaborazione al Candido, poi Rizzoli chiuse il settimanale.

Nel 1968 Giorgio Pisanò  fondò un settimanale dallo stesso nome e il primo numero della nuova serie uscì il 27 luglio, con una lettera di  Guareschi, redatta pochi giorni prima della sua morte, avvenuta il 22 luglio.

Pisanò era affiancato da Carletto Manzoni e Vittorio Metz, entrambi collaboratori della rivista negli anni Cinquanta, oltre che da nuovi vignettisti. Tra essi: Bustreo, Zatta e Mirko Amadeo

Nel 1980 la rivista assunse il nome di Candido nuovo e Pisanò mantenne la direzione fino al 1992, con Guido Giraudo come vicedirettore.

Fu nel 2014 che la casa editrice «Pagine» di Luciano Lucarini decise di riprendere la testata con periodicità mensile, affidandone la direzione al giornalista e disegnatore satirico Alessio Di Mauro, affiancato da Egidio Bandini in qualità di condirettore.