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Ci ha lasciato oggi, a 91 anni, Jean Luc Godard, il regista che, ancora più del suo amico Francois Truffaut, ha incarnato la Nouvelle Vague, movimento rivoluzionario del cinema francese.

Nato il 3 dicembre del 1930 a Parigi, Jean-Luc Godard proveniva da una famiglia protestante, appartenente all’alta borghesia svizzera,  la madre era la primogenita di un banchiere, mentre il padre era medico.

Dopo aver compiuto i primi studi in un collegio elvetico, durante l’adolescenza tornò nella città natale, dove frequentò il liceo e la Sorbona: nel 1949 conseguì il diploma in Etnologia.

Poco dopo, iniziò a scrivere critiche cinematografiche su riviste specializzate come “Cahiers du cinéma” e Arts e viaggiò in America, prima di trovare lavoro nell’ambito della realizzazione della diga della Grande Dixence: da qui ebbe  lo spunto per Operation beton, il primo cortometraggio, portato a termine grazie a un finanziamento dell’azienda appaltatrice nel 1955.

Una volta tornato a Parigi, iean-Luc decise di non abbandonare la strada dei cortometraggi e il suo debutto nel lungometraggio, avvenuto grazie a un soggetto fornito da Truffaut, avvenne nel 1960, con Fino all’ultimo respiro, noir ricco delle tipiche trasgressioni rispetto ai classici modelli narrativi che la nouvelle vague propose, dagli sguardi in macchina agli attori che si rivolgono agli spettatori, senza dimenticare il montaggio volutamente sconnesso.

Partì così il primo periodo godardiano, contraddistinto da una vena creativa alquanto prolifica, con film come Due o tre cose che so di lei, Il bandito delle ore undici e Agente Lemmy Caution, missione Alphaville.

Nel 1969 Godard, dopo aver tentato la strada del cinema rivoluzionario con La gaia scienza, fondò il Gruppo Dziga Vertov insieme con altri colleghi, dando vita a un cinema collettivo, così da bandire qualsiasi tipo di ideologia gerarchica.

L’attività di Jean-Luc ebbe una brusca battuta d’arresto a causa di un incidente stradale, che lo vide  bloccato per diversi mesi in ospedale, e delle prime divergenze nel gruppo.

Dopo essersi negato ai mezzi di comunicazione per molti mesi, il regista lavorò a Crepa padrone, tutto va bene, un’indagine realizzata con la collaborazione di Jean-Pierre Gorin a proposito della situazione degli intellettuali del dopo Sessantotto.

A Grenoble sperimentò, nei laboratori di Sonimage, tecniche cinematografiche innovative e a basso costo, come i video-registratori e i super8, che contraddistingueranno i suoi lavori di lì in avanti.

Quello che viene identificato come il terzo periodo di Godard cominciò  nel 1975, e si caratterizzò per una sperimentazione intensa e concreta, e  in Si salvi chi può (la vita) si nota una particolare attenzione alla famiglia, mentre una nuova concezione dell’immagine si palesa in Passion, dove sequenze staccate dalla trama  sono inserite e valorizzate solo per il puro gusto della bellezza.

Nel 1983 Godard vinse il Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia con Prenom Carmen,  un’opera piena di brani musicali, citazioni, giochi di parole, inquadrature avulse dalla trama e paesaggi naturali che evidenziano come il testo sia solo un elemento non indispensabile in un film.

Le sperimentazioni di Godard divennero sempre più intense, nel 1990 in Nouvelle Vague scrisse  la  sceneggiatura del film  utilizzando semplicemente citazioni e frasi altrui,  poi ripetuta tre anni più tardi in Helas pur moi.

In Allemagne 90 neuf zero, invece, il cineasta, basandosi su Germania anno zero di Roberto Rossellini, giocò con il tedesco e il francese, citando a sua volta Fino all’ultimo respiro, in cui aveva usato il francese e l’inglese.

Vincitore nel 1995 del Pardo d’Onore al Festival Internazionale del film di Locarno, Jean-Luc Godard fu insignito nel 2011 del Premio Oscar alla Carriera.