Edgar Reitz intervista

Uno dei registi più noti della Germania del secondo dopoguerra…

Edgar Reitz è nato il 1 novembre 1932 a Morbach, un piccolo centro dell’Hunsrück.

A vent’anni, si trasferì a Monaco per studiare cinema e realizzò alcuni cortometraggi, per poi firmare nel 1962 il Manifesto di Oberhausen assieme ad alcuni colleghi, tra cui Alexander Kluge.

Dopo aver girato svariati corti su commissione industriale e aver approfittato delle occasioni di viaggio e delle attrezzature fornitegli per creare i suoi primi progetti, Reitz diresse alcuni film dal taglio sperimentale. .

I tratti comuni di questi lavori si ritrovano nello spirito delle riprese e in un  racconto fluido e lineare, oltre in un progressivo avvicinamento a tematiche sociali e visioni uniche  della realtà circostante.

Titoli come Velocità, Yucatan o Pasti divennero così  il preludio e il passaggio obbligato per arrivare alla forza e all’imponenza della maturità personale e cinematografica del regista, sia in funzione metacinematografica che come puro episodio narrativo.

Reitz è un regista nelle cui opere il cinema domina in tutte le sue forme, dai cinegiornali alle sperimentazioni, dal quello vissuto al solo guardato ed è  stato tra i primi a trovare il coraggio di ammettere la fine di una stagione artistica e di riconfigurarsi in modelli creativi diversi, più innovativi e potenti.

L’opera più nota del regista è senza dubbio la serie cine-televisiva Heimat. Imponente saga familiare divisa in tre capitoli, Heimat, Die Zweite Heimat, Heimat 3, che, a partire dalla gioventù dei suoi genitori, narra le vicende del musicista  Hermann Simon e  della sua famiglia nel villaggio fittizio di Schabbach, nello stesso Hunsrück dove nacque Reitz.

Dal 1919, con il rientro dei soldati dalla prima guerra mondiale, alle vicende naziste, il primo capitolo affronta tutte le sfaccettature di un bambino nato negli anni Quaranta in un villaggio di campagna e soprattutto vede tutti i motivi che spingeranno quello stesso bambino a trasferirsi a Monaco in cerca della sua realizzazione artistica e personale.

Alla fine del primo capitolo della trilogia Hermann fa del capoluogo bavarese la sua patria elettiva, per sviluppare un manifesto di avanguardia contro i padri, macchiati delle colpe della guerra.

Dopo Die Zweite Heimat, racconto di una generazione che rifiuta i padri e che a sua volta è rifiutata dai più giovani, Heimat 3 vede  il ritorno a casa di Hermann e la presa di coscienza della sua delusione negli anni della riunificazione.

Dal 2000 al 2010 Reitz è stato direttore della Divisione arte cinematografica e altri media dell’Accademia d’arte di Baviera e il  6 dicembre 2006 l’Università degli Studi di Perugia gli conferì la laurea honoris causa in Storia, Filologia e Analisi del testo letterario. Nel 2013  il regista presenta alla 70ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia un quarto capitolo della saga di Heimat, intitolato Die Andere Heimat – Chronik einer Sehnsucht, suddiviso in due episodi e sulla storia dei Simon nel primo Ottocento.

Alla 76ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 2019, il documentario 800 Mal einsam – Ein Tag mit dem Filmemacher Edgar Reitz della regista tedesca Anna Hepp vede ll giovane regista incontrare Reitz, per parlare del suo passato, presente e futuro.