Gennaio è il primo mese del calendario ed è legato alla stagione invernale, iniziata il 21 dicembre ed, essendo il più freddo dell’anno, vedeva l’interruzione di quasi tutte le attività lavorative, poiche i campi erano completamente gelati e i contadini si dedicavano alla sistemazione degli attrezzi per la bella stagione.
In questo periodo si interrompevano anche i lavori di costruzione e muratura e non si poteva fare altro che aspettare, osservare il tempo che scorreva e la sera radunarsi nelle stalle e, mentre le donne rammendavano, ascoltare gli anziani che raccontavano storie, leggende e tradizioni.
La tradizione vuole che seguendo l’andamento meteorologico dei giorni di gennaio si possano trarre utili indicazioni per l’andamento del tempo nei mesi successivi, mentre gli ultimi tre giorni di gennaio, 29, 30 e 31, erano i giorni della merla.
Nei giorni del 15, 16 e 17 gennaio si celebrano rispettivamente i Santi Mauro, Marcello e Antonio., conosciuti con il titolo di Mercanti della Neve, dato che la probabilità che in questi giorni si verifichino precipitazioni nevose è molto elevata.
Tra i Mercanti della Neve spicca sicuramente Sant’Antonio Abate detto anche del porcello in quanto spesso rappresentato con affianco un maialino, patrono degli animali domestici, infatti era usanza benedire il bestiame e le stalle per porli sotto la protezione del Santo.
Questo patronato esercitato da San Antonio Abate ha origini lontane, alcuni ipotizzano precristiane, dato che gli animali costituivano un bene prezioso per una comunità contadina.
Alcuni riferiscono queste usanze all’abitudine delle comunità di Antonini di allevare i maiali per ricavarne il grasso da impiegare nella cura del fuoco di Sant’Antonio.
Una menzione particolare spetta ad una leggenda veneta secondo la quale, durante la notte del 17 gennaio, gli animali acquistano la facoltà di parlare e si deve tenersi lontano dalle stalle, è infatti visto di cattivo auspicio ascoltare le conversazioni degli animali.
Molto noto è anche la festa della Giobiam, che cade l’ultimo giovedì del mese di gennaio e non ha quindi una data fissa.
L’origine del nome Giobia è probabilmente legata al giorno stesso in cui si celebra, il giovedì, e si ricollega direttamente alle feste contadine d’inizio anno che avevano il fine di propiziarsi le forze naturali, responsabili dell’andamento dei raccolti, dato che si deve nel bruciare dopo il tramonto del sole, sopra una pila di fascine, un fantoccio dalle sembianze di una vecchia.
La vecchia simboleggia l’inverno con il freddo e i suoi malanni, l’anno di lavoro nei campi passato che finisce e il male da cui ci si vuole liberare in vista dell’anno nuovo a venire e la pira era benedetta dal parroco e, a seconda dell’andamento delle fiamme, si potevano trarre auspici sul raccolto dell’anno venturo.