Un pilota che visse una carriera troppo breve…
Ignazio Giunti nacque a Roma il 30 agosto 1941 in una famiglia nobile.
Dal carattere irruente, spettacolare, scanzonato, dopo essersi messo in luce nelle gare minori divenne pilota professionista nel 1966, quando l’Alfa Romeo gli affidò la Giulia Gta, al volante della quale raggiunse molte vittorie, tra cui il titolo di campione europeo della montagna 1967 nella categoria gran turismo. Quando la casa del Biscione esordì con la 33 nel mondiale Sport Prototipi, campionato a quei tempi con un seguito quasi pari alla Formula 1, Giunti fu scelto tra i suoi piloti che, in coppia con Nanni Galli, ebbe ottimi risultati, culminati con il secondo posto sul circuito stradale della Targa Florio, dietro la Porsche 907-8 di Elford-Maglioli.
Giunti attrasse subito l’attenzione Enzo Ferrari, che nel 1969 lo volle al volante della sua sport-prototipo, la 512.
L’annata fu disastrosa per il Cavallino, umiliato dalla Porsche 917, però il giovane pilota conseguì l’unica vittoria della stagione alla 12 Ore di Sebring in equipaggio con Andretti e Vaccarella, e scalando una squadra che annoverava anche Ickx, Surtees, Amon e Merzario.
Ferrari apprezzava Giunti, tanto che, a sorpresa, gli offrì di debuttare nel giugno dello stesso anno in Formula 1, sul circuito di Spa: pur avendo scarsa esperienza su di una monoposto,
Giunti chiuse quarto, con i primi punti per la 312B con il nuovo motore Boxer 12 cilindri, alternandosi per il resto della stagione con Clay Regazzoni a fianco di Jackie Ickx.
Il 10 gennaio 1971 la stagione si aprì con la prima gara del Mondiale Prototipi, la 1000 km di Buenos Aires, dove Giunti era al volante della Ferrari 312PB in coppia con Merzario, su una biposto.
Ma il destino di Giunti si compì quando la Matra 660 guidata da Jean Pierre Beltoise rimase senza benzina a poche centinaia di metri dai box, il francese decise di spingere la vettura per portarla al rifornimento, sostenuto dal direttore di corsa Juan Manuel Fangio, cinque volte campione del mondo tra il 1951 ed il 1957.
Beltoise ad un certo punto capì ciò che stava compiendo e cercò di accostare verso il guard-rail, quando giunse la Ferrari di Mike Parkes, con in scia Giunti.
Parkes vide all’ultimo momento l’ostacolo, lasciandolo miracolosamente sulla sinistra, ma Giunti, coperto nella visuale, centrò in pieno la Matra.
Dopo l’urto la Ferrari esplose e terminò la sua corsa davanti ai box, mentre il pilota morì sul colpo con il collo spezzato.
Beltoise finì sul banco degli accusati, ma fu appurato che spingere la vettura in panne ai box era pratica comune nella gare di durata, tanto che al pilota fu sospesa la licenza solo per un mese.
“Io penso che in quelle circostanze si sia compiuto per fatalità un tragico destino” disse Fangio e il suo concetto di affidarsi alle sorte lì a poco portò ad ulteriori incidenti ampiamente evitabili come quelli di Roger Williamson, dove i pompieri arrivarono otto minuti dopo il divampare delle fiamme, e di Francois Cevert, che venne decapitato dal guard-rail.
Ignazio Giunti oggi riposa al cimitero del Verano di Roma e a Vallelunga è posto un busto commemorativo, infatti sul circuito romano il pilota era considerato imbattibile, tanto da essere soprannominato il reuccio di Vallelunga.