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Una carriera breve, ma luminosa, nella Formula Uno degli anni Settanta…

Thomas Maldwyn Pryce era nato l’11 giugno 1949 a Ruthin, un paesino del Galles, da una famiglia di origini modeste.

Il padre Jack era poliziotto, la madre Gwyneth infermiera e Mal, come veniva chiamato dagli amici, crebbe con il mito di Jim Clark nella testa, ma solo dopo aver assaporato a dieci anni l’ebbrezza di guidare un furgone, capì che quella era la sua strada.

Dopo molti sacrifici Tom finalmente cominciò a correre nel 1970 in Formula Ford, per poi passare, nel 1971, alla Formula Super Vee e l’anno successivo arrivare in Formula tre, dove nonostante indiscutibile classe e velocità, durante una gara si fratturò una gamba contro le barriere.

Tom venne poi notato da Ron Dennis che gli offrì un posto nella sua squadra di Formula 2, la Rondel Racing ed i risultati ottenuti lo portarono a firmare un contratto per la Token, una scuderia minore di Formula 1,  nel 1974.

Pryce debuttò  il 12 maggio a Nivelles, in Belgio con un 20° posto in qualifica ottenuto con una monoposto non molto competitiva e, a causa di una collisione con la Tyrrell di Jody Scheckter, dovette ritrarsi.

A Montecarlo gli venne  rifiutata, da parte degli organizzatori, l’iscrizione al Gran Premio, che addussero come motivazione la scarsa esperienza del pilota.

Pryce non la prese bene, ma l’esclusione dalla gara monegasca gli diede l’occasione per prendersi la sua personale rivincita con il circuito di Montecarlo, e soprattutto per garantirgli un posto stabile in Formula Uno grazie all’invito del team Ippocampos Racing, che gli mise a disposizione una March 743 per la gara di Formula 3 del sabato.

La prestazione di Tom  in quell’occasione fu stupefacente, infatti dominò le prove con un tempo di 1.6 secondi migliore del secondo classificato in griglia, in gara demolì ogni avversario, vincendo sia la propria manche con quindici secondi di vantaggio, che la finale, lasciando a ventuno secondi il secondo classificato Tony Brise.

Dopo quella clamorosa dimostrazione Alan Ress,  alla ricerca di un sostituto dopo la morte di Peter Revson all’inizio di quell’anno in un incidente durante un test a Kyalami in Sud Africa,  riuscì facilmente a convincere Don Nicholson, ex agente CIA e patron del Team Shadow, a considerare l’ingaggio del giovane gallese per la squadra e Pryce firmò poco tempo dopo.

Il debutto avviene in Olanda nel 1974, ed il legame tra Pryce e la Shadow continuò tra alti e bassi fino al Gran Premio del Sud Africa del 5 marzo 1977 a Kyalami.

In quel giorno James Hunt era primo in  pole position con la sua McLaren Marlboro, seguito dalla Brabham di Carlos Pace e dalla Ferrari di Niki Lauda.

Al via erano ventitré i piloti, con Hunt che andò subito in testa, ma la rossa di Lauda lo infilò al settimo giro, distaccando gli avversari e continuò così fino alla bandiera a scacchi.  andando a cogliere la sua tredicesima vittoria in Formula Uno e, per la Shadow, la squadra di Don Nichols, correvano Renzo Zorzi e Tom Pryce.

Nel ventunesimo giro Renzo Zorzi parcheggiò la sua Shadow nell’erba, a lato della pista, proprio davanti ai box, dato che dal posteriore si notava un principio di incendio, così due commissari corsero verso la monoposto, attraversando la pista dietro al dosso, con gli estintori in mano.

In quel momento arrivarono la March di Hans Stuck, la Shadow di Pryce e la Ligier di Jaques Laffitte.

Stuck, scavalcato il dosso che impediva la vista di tutto il rettilineo si accorse all’ultimo del pericolo in pista e riuscì d evitare il primo inserviente, ma Pryce,  coperto dalla March del tedesco, centrò in pieno il secondo, lo studente olandese Frederik Jansen van Vuuren, travolgendolo.

Dalla Shadow di Pryce si staccò il musetto e si ruppe il roll bar, ma la macchina continuò la sua corsa, poi sbandò sulla destra, strisciò con il guard rail mentre Laffite la stava superando.

Infine in prossimità della curva Crowthorne, la Shadow rientrò in pista dopo aver urtato contro l’uscita per veicoli d’emergenza e centrò in pieno la vettura di Laffite che stava curvando, trascinandola contro le reti, dove terminò la sua corsa.

Laffite scese dalla sua Ligier e capì che Pryce era ancora al volante della sua Shadow, ma era ormai senza vita.

Infatti l’estintore che Frederik Jansen van Vuuren aveva in mano, nell’impatto ad oltre 270 km/h aveva  colpito la testa di Tom Pryce.

Il pilota gallese venne estratto dalla vettura e, nonostante tutto, trasportato verso l’ospedale in autoambulanza mentre la corsa continuava.

Anche lo stesso vincitore del Gran Premio, Niki Lauda , urtò un frammento rimasto sulla pista del roll-bar della Shadow, che  si infilò nel radiatore sinistro del raffreddamento provocando una lenta perdita di liquido e mettendo a rischio la gara dell’austriaco che terminò la gara col motore surriscaldato.

Tom Pryce oggi è ricordato da molti come un pilota semplice, di umili origini, ma con una gran forza di volontà, la sua tomba si trova nella chiesa di San Bartolomeo di Otford, vicino a Sevenoaks, nel Kent.