Maurice Leloir Ballet de la nuit

Durante il XVII secolo nella corte di Luigi XIV, il re Sole, a Parigi, la musica era il cuore di grandi feste, opere e balli, perfette per meravigliare, persuadere, commuovere.

Il re Sole amava circondarsi di lusso e sfarzo incredibili, nella reggia di Versailles la musica, il teatro, l’opera e soprattutto la danza divennero i divertimenti preferiti dalla corte tra gavotte, passepied, bourrèe, gighe, sarabande, minuetti.

Alla corte di Francia tutto venne sottoposto all’approvazione del re, la musica encomiastica e rappresentativa dominava ogni attività e le pratiche musicali richiedevano una perfetta organizzazione.

La musica del re era divisa in tre corpi musicali: la Camera, che vedeva la grande orchestra con 24 violini, il più prestigioso complesso strumentale della Corte e soprattutto la prima orchestra stabile della storia che aveva il compito di accompagnare festività, cerimonie importanti, o particolari momenti della giornata del re; la Scuderia, composta da strumentisti che suonavano durante le cacce o le feste all’aria aperta, e la Cappella, con strumentisti e cantanti, che eseguiva musica sacra durante i riti religiosi.

Questo enorme apparato musicale rispondeva a un mondo fatto di lusso, ma non solo, e richiedeva la presenza a corte di un gran numero di musicisti e compositori e  fra i più celebri che operarono alla corte del re Sole ci furono Francoise Couperin e Marc-Antoine Charpentier.

In particolare Couperin si ispirava al mondo galante e allo stile della corte con le sue danze, i suoi personaggi e i suoi caratteri, per inserire nella sua musica sonorità raffinate e preziose, che sono presenti nei suoi quattro libri di Pezzi per clavicembalo.

La musica italiana fece il suo ingresso in questo ambiente nel 1645 e intorno al 1660, in occasione delle famose feste teatrali che si tenevano a Versailles, vennero eseguite a corte alcune opere italiane, come La finta pazza di Francesco Sacrati, e, in occasione delle nozze di Luigi XIV, si rappresentò L’Ercole amante del veneziano Francesco Cavalli, e la maestosità dello spettacolo era tale che lo stesso re ne prese parte danzando all’interno della rappresentazione interpretando i ruoli di Plutone, Marte e Sole.

Le opere rappresentate in Francia non erano interamente cantate ma c’era anche una parte che veniva recitata e, per assecondare la predilezione dei francesi per il balletto, erano sempre arricchite da fantasiose ed esotiche danze, ed avevano nel loro interno momenti spettacolari, come prodigiosi effetti procurati dalle macchine sceniche che, grazie all’invenzione di particolari congegni meccanici, permettevano l’apparizione in scena di eroi e divinità e così procuravano stupore ed ammirazione da parte del pubblico.