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“I miei compagni dicono che preferirebbero morire in estate, con il sole che entra dalla finestra spalancata e li scalda per l’ultima volta. Io no…Io vorrei morire a Natale… con il grande albero illuminato in mezzo alla piazza… mentre la neve cade lenta su tutta Paperopoli… e io la guardo volteggiare nell’aria in compagnia di Qui e Quo, i miei due fratellini… e mi sento a casa, al caldo e al sicuro… con le zampe infilate nei miei scarponcini gialli e il copriorecchie a batuffolo che mi stringe delicatamente le tempie come la carezza di un figlio bambino”.

 (Le ultime lune di Furio Bordon)

Marcello Vincenzo Domenico Mastroianni nacque a Fontana Liri, in provincia di Frosinone, il 26 settembre 1924 e, da bambino, ebbe la possibilità di fare comparsate addirittura in alcuni film del maestro del cinema italiano Vittorio De Sica.

In seguito, conseguita la maturità liceale, s’iscrisse alla facoltà di Economia e Commercio, senza però mai interrompere il rapporto con lo spettacolo e in particolare con il teatro.

Inseritosi nei gruppi del Centro Universitario Teatrale, fu notato da Luchino Visconti, che lo chiamò per interpretare importanti ruoli in lavori teatrali contemporanei come Un tram che si chiama desiderio e Morte di un commesso viaggiatore, oppure i classici come La locandiera e Le tre sorelle.

Parallelamente Marcello lavorò ancora nel cinema, con alcune comparsate che, con il tempo, cominciarono a diventare cospicue.

Il film che lo rivelò fu Le ragazze di Piazza di Spagna, dove interpretava la parte del giovanotto simpatico ed estroverso, girato da Luciano Emmer nel 1952, che lo aveva già diretto due anni prima in Domenica d’agosto.

Già in quelle prime prove, Mastroianni si rivelò adatto alla delicata introspezione di un cinema che stava a metà strada tra il neorealismo e la commedia all’italiana, confermata in Giorni d’amore di De Santis, dove l’attore poté rivivere le proprie origini ciociare in chiave di comicità.

Si andava delineando la caratteristica principale dell’attore, quella di incarnare la figura di un uomo buono e malizioso, scapestrato ma con giudizio, dolce e lievemente melanconico, anche quando, come nei film di Blasetti o Lizzani, gli erano proposte parti drammatiche.

Quelle caratteristiche furono poi abbinate in alcuni film, come contrasto, alla malizia femminile della giovane Sophia Loren, da cui scaturirono nella metà degli anni Cinquanta lavori come Peccato che sia una canaglia, e La fortuna di essere donna.

Ma la svolta della sua carriera arrivò con La dolce vita (1960), storia di costume in cui Mastroianni era un moderno antieroe e che vede l’inizio di un lungo e fortunato sodalizio artistico con Federico Fellini. In Otto e mezzo (1963) fu un alter ego del regista riminese.

In seguito, nei primi anni sessanta, ottenne il suo trionfo in Divorzio all’italiana e I compagni, fece coppia con Sofia Loren in vari film di De Sica e apparve in diversi lavori di Marco  Ferreri tra i quali La grande abbuffata, Ciao maschio e Storia di Piera e di Elio Petri, come L’assassino e per Ettore Scola da Dramma della gelosia a Splendor e Che ora è?, oltre a Una giornata particolare che fu una delle sue prove migliori.

Negli ultimi anni è da ricordare il suo lavoro in un grande film d’impegno civile come Sostiene Pereira e il montaggio dei suoi ricordi personali, apparsi postumi, nel film-documento Mi ricordo, sì io mi ricordo.

Protagonista di grande versatilità e d’indiscussa bravura, che ha rappresentato con grande generosità la cinematografia italiana a livello internazionale, ma non ha mai vinto un Oscar. Mastroianni morì il 19 dicembre 1996 nella sua casa di Parigi.

Nel suo ultimo lavoro, che fu un ritorno al mondo del teatro con Le ultime lune di Furio Bordon, disse questa frase, simbolo perfetto di una carriera “Lo sai che da bambino io sognavo di essere uno dei tre nipotini di Paperino? I miei compagni avrebbero voluto essere Batman, Superman, io no… a me piaceva la famiglia di Paperino: il salotto di casa sua con quella vecchia poltrona sfondata e la sua automobile a forma di pagnotta dietro cui portava i suoi nipotini”.