A Berna, fino al 10 maggio, la mostra Lee Krasner. Living Colour, presso lo Zentrum Paul Klee, racconta di una donna che lottò a lungo prima di veder riconosciuta a livello ufficiale la sua carriera di artista.

Cresciuta in una famiglia ebrea di rigida osservanza, dove le sue ambizioni personali e professionali nella dinamica America degli anni Venti si scontrarono con il conservatorismo dei genitori, Lee si diplomò all’Art Students League a New York nel 1929, e fino al 1932 frequentò la National Academy of Design, poi si trasferì al City College, dove le lezioni erano gratuite, e ne uscì con l’abilitazione all’insegnamento artistico.

Krasner lavorava di notte come cameriera nel Village, e di giorno prendeva lezioni di pittura da Job Goodman, poi nel 1937 seguì i corsi sul Cubismo all’Hans Hofmann School of Fine Arts.

La nuova avanguardia era l’Espressionismo Astratto, cui Krasner guardava con entusiasmo, e le sue prime mostre furono con il gruppo American Abstract Artists, nei primi anni Quaranta, ma l’America accolse poco favorevolmente questa corrente pittorica, estranea alla cultura americana.

Krasner è nota per la turbolenta relazione con Jackson Pollock, che fu un altro degli ostacoli che dovette superare prima di essere riconosciuta un’artista con una carriera indipendente.

Solo dopo la morte di Pollock nel 1956, e con l’affermarsi del movimento femminista sul finire degli anni Sessanta, Krasner conobbe un nuovo slancio pittorico, e uscì definitivamente dall’ombra, capendo come lo scontro con la società fosse inevitabile per una donna che volesse prendere in mano la propria vita.

Gli inizi del suo lavoro furono votati alla ricerca di una direzione con i primi passi nel Cubismo astratto, il figurativo su imitazione di Michelangelo, le tele in cui è forte l’influenza di Pollock, con la tecnica del dripping e la sua personalità artistica comincia a emergere alla metà degli anni Cinquanta, e dimostra la notevole evoluzione di tecnica di Krasner, dai collage al disegno cubista, dall’Action Painting alle grandi campiture di colore che possiedono la delicatezza di un affresco antico.

La sua opera pittorica della maturità è in relazione con la natura, al punto da fondere insieme organicismo e astrattismo. Dove la figura femminile si colloca con grazia e discrezione, come un’entità silenziosa nell’equilibrio naturale.

Fa eccezione la serie Prophecy del 1956, ispirata alle picassiane Demoiselles d’Avignon, con figure femminili caratterizzate da un’erotica violenza, realizzate dopo la scomparsa di Pollock, indicative della rabbia sin lì covata da Krasner.

Krasner nei tardi anni Settanta tornò al Cubismo, utilizzando la tecnica del collage realizzati tagliando pitture fra loro diverse, creando opere dalle superfici coperte di forme geometriche spigolose, che sembrano quasi specchiarsi l’una con l’altra.

Resta una pittura sempre sussurrata, quella di Krasner, con il ritmo delicato di un viaggio alla ricerca di se stessi, fra universi naturali che evocano Lewis Carroll, l’oriente dai colori sgargianti di Matisse, e, appena accennata, la mistica della femminilità.