Mario Tobino 1

Scrittore della Toscana più profonda, Mario Tobino fu medico e scrittore dalla vita drammatica, spesso a contatto con i manicomi del secondo dopoguerra…

Mario Tobino nacque a Viareggio il 16 gennaio 1910, il carattere vivace gli provocò a tredici anni una condanna per lesioni gravi a un compagno, che spinse i genitori a fargli passare un anno in collegio subito dopo il ginnasio.

Tornato a casa, lo scrittore s’iscrisse al liceo di Massa, ma riuscì ad avere la maturità solo come privatista a Pisa perché fu espulso dal liceo dopo essere stato scoperto in una casa di tolleranza.

Amante delle opere di Machiavelli e Dante, dopo il liceo Tobino frequentò la facoltà di medicina a Pisa, per poi laureasi a Bologna nel 1936.

Nel 1934 pubblicò la sua prima raccolta di poesie e divenne amico di Mario Pasi, noto come il partigiano Montagna, e Aldo Cucchi, poi deputato nelle file del Pci.

Mario raccontò la sua amicizia con i due nei romanzi Una giornata con Dufenne (1968) e Tre amici (1988).

Dopo il servizio militare negli alpini, lo scrittore tornò a Bologna per specializzarsi in neurologia, psichiatria e medicina legale e iniziò a lavorare nell’ospedale psichiatrico di Ancona.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Tobino fu richiamato sotto le armi e parti per la Libia, dove rimase fino al 1942, quando venne ferito e rimpatriato in Italia.

Dall’esperienza vissuta in Libia trasse ispirazione per due romanzi, Il deserto della Libia (1952) e Il perduto amore (1979).

Tornato in Italia, lo scrittore cominciò a lavorare nel manicomio di Magliano che fu la sua casa per circa quaranta anni, oltre a prendere parte alla resistenza contro il nazifascismo, come racconta il romanzo Il clandestino (1962) con cui vinse il Premio Strega.

In questo periodo Tobino conobbe la sua compagna, Paola, sorella della scrittrice Natalia Ginzburg e prima moglie di Adriano Olivetti, a una festa di Capodanno a Forte dei Marmi e da quel momento i due non si lasciarono mai più.

Mario Tobino visse come psichiatra i tre passaggi fondamentali di cui è protagonista nel Novecento questa branca della medicina, la fase prefarmacologica, quando l’unica possibilità per curare i malati era custodirli nei manicomi, la farmacologica, quando sono somministrati i primi farmaci, fino a quella antipsichiatrica con la chiusura dei manicomi.

Tutte queste trasformazioni sono raccontate nei romanzi Le libere donne di Magliano (1953), Per le antiche scale (1971) vincitore del Premio Campiello e Gli ultimi giorni di Magliano (1982).

Lo scrittore dedicò tutta la vita ai suoi malati, di cui desiderava essere padre, fratello maggiore e nonno e li definiva matti, e non malati di mente, come li chiamava il popolo.

In Gli ultimi giorni di Magliano Tobino raccontò la sua disperazione dopo l’approvazione della legge Basaglia che prevedeva la chiusura dei manicomi, chiedendosi dove andranno i suoi matti lasciati da soli.

Dalle colonne di La Nazione lo scrittore denunciò una riforma che chiude i manicomi senza proporre delle soluzioni alternative, oltre a denunciare i tanti suicidi dei malati che, liberi di essere se stessi, decisero di non vivere.

Da lì a poco Tobino lasciò il manicomio, poi pubblicò il suo ultimo romanzo, Il manicomio di Pechino, nel 1990 e morì l’11 dicembre 1991 ad Agrigento, dove era andato a ritirare il Premio Luigi Pirandello.