Chi da una gita a Venezia non è tornato con un souvenir in vetro di Murano?

Fin dal Medioevo la produzione dei vetri artistici rappresenta per Venezia una delle principali fonti della sua economia.

Il vetro veneziano è sodico, tipico dell’antica tradizione mediterranea, dove alla silice, una sabbia destinata a diventare vetro tramite fusione, si aggiunge la soda per consentire la fusione a temperature minori.

Poi la potassa, alternativa alla soda, usata nei paesi nordici, genera un vetro brillante idoneo alla molatura e all’incisione, come il vetro piombico inglese, ma non alle complesse lavorazioni a caldo veneziane.

 La miscelazione delle materie prime avviene di sera, alla fine dell’orario di lavoro, e la preparazione del materiale dura tutta la notte, poi alle due materie prime fondamentali si aggiungono lo stabilizzante, come il carbonato di calcio, i decoloranti o i coloranti, e anche gli opacizzanti.

Il forno a riverbero infine fonde le materie prime alla temperatura di circa 1.400° e i vetrai la mattina trovano il materiale fuso, pronto per la modellazione, dove la pasta di vetro rimane duttile fino alla temperatura di 500°.

Il gruppo di lavoro dei vetrai è costituito dalla piazza, con i serventi e garzoni, che viene coordinata dal maestro, poi l’opera può essere rifinita a freddo dagli esperti molatori che procedono alla levigatura o ad altre rifiniture, mentre l’incisione figurativa è eseguita in laboratori indipendenti, dove ci sono i decoratori altamente specializzati.

Se la decorazione prevista è lo smalto, l’oggetto va in un laboratorio dove vengono eseguite la pittura e la ricottura dello smalto.

Il più antico documento relativo all’arte del vetro veneziano risale al 982 ed è si tratta di un atto di donazione.

Molti documenti della fine del 1200 testimoniano la concentrazione delle fornaci lungo il Rio dei Vetrai a Murano, dove si trovano i laboratori più antichi.

A partire dal 1450, grazie alle intuizioni di Angelo Barovier, vetraio di un’antichissima famiglia muranese, ci fu un’evoluzione nelle tecniche di lavorazione, che si svilupparono nei due secoli successivi, portando alla creazione di vetri di elevata purezza.

Nel XVI secolo il vetro di Murano vide il suo splendore, dove affinate le tecniche e sviluppati i materiali, i vetrai si dedicarono al perfezionamento delle forme dei manufatti.

I soffiati furono così sottili e purissimi, le fogge più essenziali e leggere, per impreziosire le tavole dei ricchi europei.

La Repubblica istituì dei riconoscimenti per i maestri con novità nella lavorazione del vetro, proteggendo le innovazioni artistiche dell’epoca, come la filigrana a ritortoli e quella a reticello, inoltre cercarono di limitare l’emigrazione dei maestri e l’esportazione della tecnologia.

Nel 1605 venne redatto il Libro d’Oro, con i nomi degli appartenenti alla Magnifica Comunità di Murano, che divennero la nobiltà vetraria dell’isola.

Con il XX secolo i maestri muranesi hanno seguito gli sviluppi dei movimenti artistici contemporanei, dedicandosi a un artigianato sofisticato e alle sperimentazioni proprie dell’arte, nel rispetto della tradizione che rende il vetro di Murano un prodotto unico, prestigioso e inimitabile.