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Nel 1986 il paese organizzatore della tredicesima edizione dei Campionati Mondiali di calcio sarebbe stata la Colombia, dove dal 1982 il presidente Belisario Betancourt aveva tentato una normalizzazione del paese, avviando un dialogo con le fazioni impegnate nella guerriglia.

Ma l’anno dopo il presidente fu costretto a restituire alla Fifa l’incarico ricevuto anni prima, vedendo che le nuove regole dell’organizzazione avevano portato i partecipanti a ventiquattro squadre ed esigevano il rispetto di una serie di standard, con almeno 12 stadi da 40.000 posti, 4 da 60.000 e 2 da 80.000, dotati di una rete di infrastrutture che a Bogotà in quel momento non si poteva realizzare.

A quel punto, a tre anni dal fischio d’inizio della gara inaugurale dei tredicesimi mondiali, fu il Messico, che aveva già organizzato il mondiale nel 1970, a farsi avanti.

Il 31 maggio 1986 l’Italia tornò allo stadio Azteca per disputare la partita inaugurale del secondo Mundial messicano, per un torneo dove si tornava all’eliminazione diretta, dagli ottavi in poi, passavano le prime due di ognuno dei sei gironi e le migliori quattro classificate tra le terze.

L’Italia che tornava in Messico per difendere il titolo mondiale era molto lontana da quella che l’aveva conquistato quattro anni prima, dopo che gran parte dei campioni del Bernabeu avevano chiuso il proprio ciclo due anni prima mancando la qualificazione agli Europei francesi del 1984.

Nella seconda partita, l’Italia iniziò bene mettendo sotto l’Argentina, ma al 34’. Maradona ricevette palla a centro area e fece un tiro tutt’altro che irresistibile ma dalla traiettoria diabolica e fini 1-1, come tra bulgari e coreani.

In seguito Valdano e Burruchaga liquidarono i bulgari, mentre gli azzurri andarono avanti con un 3-2 contro la Corea e la prospettiva di affrontare negli ottavi di finale la Francia campione d’Europa di Roi Michel Platini, qualificatasi insieme all’Urss.

Il 17 giugno a Città del Messico Platini e compagni, con un gol del fuoriclasse transalpino e quello di Stopyra, chiusero l’epopea di Enzo Bearzot.

Negli altri ottavi, il Belgio sorprese con 4-3 l’Urss del colonnello Lobanovsky nella partita più bella del mondiale, il Messico ebbe ragione della Bulgaria, il Brasile della Polonia, l’Inghilterra del Paraguay, la Germania Ovest del Marocco, la Spagna della Danimarca con ben cinque reti, e per finire l’Argentina vinse il derby del Rio de la Plata battendo 1-0 l’Uruguay.

Il 22 giugno all’Azteca si tenne una partita dove l’Inghilterra era una squadra non inferiore all’Argentina, con il cannoniere di quel mondiale tra le sue fila, Gary Lineker, ma i biancocelesti tra le loro fila avevano il numero uno del mondo, ribattezzato la Mano de Diòs.

E lì l’arbitro non vide il tocco di mano con cui Dieguito mandò la palla alle spalle di Shilton, poi il numero 10 argentino prese palla nella sua metà campo e se ne andò via, segando una rete che condusse al 2-1 per l’Argentina.

Negli altri quarti la Germania Ovest eliminò il Messico ai calci di rigore, e sempre ai rigori il Belgio fece fuori la Spagna e la Francia eliminò il Brasile.

In semifinale, l’Argentina ritrovò il Belgio, e vinse con due gol di Maradona, mentre la Francia rivide la Germania Ovest, dove i solidi tedeschi andarono in vantaggio subito e ci restarono fino alla fine.

La finale del 29 giugno cominciò bene per i biancocelesti, dove l’erede di Passarella, Brown, e Jorge Valdano misero subito due gol, ma i tedeschi non mollarono e il vecchio Rummenigge e il giovane Voeller riaprirono il discorso all’ottantesimo, chiuso due minuti dopo da una rasoiata del Pibe de oro che mandò in porta Burruchaga.

L’Argentina vinse la seconda coppa del mondo della sua storia, mentre il mondo guardava al miglior giocatore non solo del torneo conclusosi, il campione del mondo Diego Armando Maradona.