L’agnolotto, un delizioso esempio di pasta fresca ripiena di carne, è diffuso soprattutto in Piemonte e fino alla Liguria, all’Emilia e all’Oltrepò Pavese, e arriva dal Monferrato, la zona compresa fra le province di Alessandria e Asti che unisce le Prealpi liguri al Piemonte.
Oggi la ricetta originale di questo piatto è depositata presso il Comune di Asti e il suo rispetto consente di fregiarsi della Denominazione Comunale, il marchio di qualità che certifica la provenienza di un determinato prodotto del comparto enogastronomico o artigianale da un determinato territorio.
L’agnolotto è impiegato in occasioni importanti, come il pranzo di Natale e questo determina, secondo i critici gastronomici, la sua peculiarità rispetto al raviolo anche per il ripieno, se il raviolo è per lo più riempito di ricotta ed erbe, invece l’agnolotto lo è di carne mista cotta e, volendo, di verdure a foglia larga cervella o tartufo, erbe aromatiche e droghe, arrivando solo successivamente ai vari tipi di carni per le versioni in grasso e di ricotte e verdure per le versioni in magro.
Come si conviene a un piatto cosi noto, la sua nascita si perde nelle leggende della notte dei tempi, per qualcuno era già conosciuto dai Romani, per altri dagli Arabi.
Le prime notizie lo collocano alla fine del 1100, infatti, in un atto notarile ligure del 1182 si trova citato un agnolotto per la cui consegna secondo una certa quantità è assunto da un fittavolo agricolo di Albenga come impegno verso il suo padrone.
E non manca neppure un riferimento colto, infatti in un passo del Decameron c‘è il riferimento al prezioso piatto dove il Boccaccio scrive: “nel Paese di Cuccagna alla cima di un monte di parmigiano stavano uomini che null’altro facevano fuor di cucinar ravioli, li rotolavano sul pendio dei formaggio grattuggiato, e al fondo la gente li raccoglieva ‘e chi più ne prende, più ne ha“.
Anche l’origine del nome è incerta, secondo alcuni l’agnolotto così come lo conosciamo oggi si è diffuso nel Monferrato piemontese nell’epoca a cavallo tra il Basso Medioevo e il Rinascimento, per opera di un cuoco chiamato Angiolino, soprannominato Angelotu, da cui deriverebbe il nome agnelotto e poi agnolotto.
Secondo un’altra versione storica, invece, il termine agnelotti deriverebbe dalla tradizione piemontese di riempire i ravioli con carne di agnello, versione, però, poco condivisa poiché le ricette attuali non prevedono la carne di agnello, ma un misto di manzo e salsiccia o prosciutto.
L’origine più accreditata del nome di questo piatto fa riferimento al termine dialettale anulòt, che indica anche uno strumento in ferro a forma di anello che era utilizzato per preparare gli Agnolotti fatti in casa.
L’agnolotto originario, infatti, era rotondo, poi trasformatosi in un grosso quadrato tagliato con la rotella a mano e chiamato dalla gente il gobbo o gheu.
Gli Agnolotti de plin o al plin sono un’altra variante per la forma, plin infatti in piemontese significa pizzicotto, necessario a chiudere la pasta ripiena.
Su questa speciale varietà esiste una leggenda che racconta che in un giorno di festa, finiti i piatti e dovendo dare da mangiare a molte persone, si decise di utilizzare un grande telo di lino bianco per cuocere e poi servire gli agnolotti.
Da allora ancora oggi è possibile gustare questo piatto, assaporandone il gusto grazie proprio in questo modo di servirli senza condimento.