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Il 30 giugno 1920 nel Comune di Abetone Cutigliano, in provincia di Pistoia,  nacque  Zeno Colò, uno degli sciatori più forti di sempre, capace di scendere a quasi 160 all’ora senza casco e su sci di legno e di vincere la prima medaglia d’oro olimpica del movimento azzurro.

La famiglia era di umili origini e Zeno iniziò a sciare con i rudimentali strumenti costruiti dal padre, che di professione faceva il boscaiolo.

Lo sci allora era un mezzo di trasporto invernale, fondamentale per aiutare il padre a raccogliere la legna.

In questo modo Colò cominciò a forgiare sia il coraggio e le gambe d’acciaio che gli consentirono di entrare nella storia dello sci alpino.

Le discese dell’Abetone non avevano gli stessi dislivelli di quelle alpine, ma la neve era difficile da interpretare e i percorsi pericolosi e, se affrontati ad alta velocità, diventavano pericolosissimi

Che Zeno Colò fosse un fenomeno fu chiaro dopo le tante affermazioni nei tornei juniores e  nel 1940 entrò a far parte degli alpini alla Scuola Centrale Militare di Alpinismo di Aosta.

Difendendo i colori del Nucleo pattuglie sci-veloci alpine, il fuoriclasse pistoiese ebbe i primi significativi risultati a livello nazionale: nel 1941, ai Campionati Nazionali Assoluti di guerra, dove primeggiò in tutte e tre le prove previste, discesa, slalom e combinata, ma questo non gli bastò per partecipare ai Mondiali di Cortina del 1941, ai quali potevano partecipare solamente atleti provenienti da paesi legati al Tripartito o neutrali.

Colò venne convocato solamente come riserva e interpretò la prova di discesa libera come apripista, ma  fece segnare un tempo eccezionale che, se ottenuto in gara, gli avrebbe garantito la medaglia d’argento.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43, Colò inforcò gli sci e partì alla volta della Svizzera dove, grazie all’aiuto del nobile ungherese Hugo De Rain, riuscì a tornare alle gare.

Terminata la guerra tornò sull’Abetone, riprese a fare il taglialegna e tornò a fare incetta di titoli nazionali, mentre a livello internazionale l’attività era molto limitata.

Appena l’Italia fu riammessa in pianta stabile nelle manifestazioni continentali centrò subito un prestigioso terzo posto nell’altrettanto importante combinata del Lauberhorn, a Wengen.

Nel 1947 Zeno Colò fu protagonista di un risultato incredibile,  il 9 maggio sulle nevi del Plateu Rosa a Cervinia stabilì il nuovo record di velocità sul chilometri lanciato con l’incredibile velocità di 159,292 chilometri l’ora con normali sci di legno della ditta Cambi e i postumi di un infortunio alla gamba subito una ventina di giorni prima in allenamento.

Un anno dopo vinse a Wengen e, alle olimpiadi di St. Moritz era uno dei favoriti in tutte le prove: in discesa si trovò in testa a metà gara, ma poi cadde rovinosamente, rompendo anche gli sci e nello speciale raggiunse il 14esimo posto.

Ai Campionati Italiani assoluti Colò vinse tutte le gare in programma e conquistò il gradino più alto del podio in tutte le competizioni nazionali a cui prese parte.

Il 1949 certificò che lo sciatore dell’Abetone era un vero campione con tanti successi ottenuti in ambito internazionale, trionfando nella sedicesima edizione dell’Arlberg-Kandahar, la gara più importante della stagione, realizzando il record della pista e rifilando 5 secondi al secondo classificato.

Mancavano, a questo punto, solamente le consacrazioni mondiali e olimpiche e nel 1950 ai Mondiali di Aspen in Colorado vinse due ori e un argento.

Al ritorno i compaesani gli regalarono una Fiat 500 per celebrare le sue vittorie e ringraziarlo delle emozioni che aveva regalato loro e Colò alle Olimpiadi di Oslo del 1952 il 16 febbraio trionfò nella discesa libera.

Nel 1953 decise di non gareggiare, ma l’anno successivo i Campionati Italiani si svolgevano all’Abetone e vinse tre titoli, dimostrando di essere ancora il miglior discesista italiano.

Ma la carriera di Colò terminò qui, perché la Fisi lo squalificò, in quanto aveva stretto accordi commerciali con due ditte, la Nordica e la Colmar, che, in cambio di un compenso intorno ai tre milioni di lire, avevano commercializzato scarponi e giacche a vento firmate con il suo nome.

Ad Are, in Svezia, gli organizzatori delle gare di Coppa del Mondo lo vollero lì, come apripista.

Nel 1955 ci fu un riavvicinamento con la Fisi e decise di tornare a gareggiare ai Campionati Italiani, conquistando il titolo in libera e il secondo posto in gigante, ma  arrivò un’altra squalifica per professionismo e, allora, Colò decise di dire basta.

Venne nominato Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi dal presidente Luigi Einaudi e il 26 gennaio 1956, il giorno d’apertura delle prime Olimpiadi disputate in Italia, Colò era alla pista delle Tofane, dalla quale scese sciando per portare la fiamma olimpica allo stadio dove la cedette agli altri tedofori.

Colò, divenne maestro all’Abetone e s’impegnò attivamente per la promozione e lo sviluppo della stazione sciistica piemontese, attivandosi per la valorizzazione della Società Funivie Abetone e per la costruzione della prima ovovia.

Pochi anni prima della sua scomparsa, avvenuto nel 1993 a causa di un tumore, la Fisi revocò la squalifica che gli era stata inflitta a metà degli anni Cinquanta.