Uno degli alpinisti più noti ed amati dell’Italia degli anni Settanta e Ottanta, capace di imprese leggendarie…
Renato Casarotto nacque ad Arcugnano, in provincia di Vicenza, il 15 maggio 1948 e durante l’adolescenza fece le sue prime escursioni in montagna, oltre a qualche via ferrata e delle semplici vie di arrampicata, dando inizio ad una passione che lo lasciò mai più.
La svolta arrivò nel 1968 quando partì per il servizio militare che lo trascorrerà il Battaglione Esploratori Alpini in Cadore dove, oltre a frequentare diversi corsi, fece le prime scalate su roccia e su ghiaccio.
Tornato a casa Casarotto frequentò le Piccole Dolomiti dove cominciò da subito a fare vie in libera, cioè senza assicurazione con la corda ed evitò sempre l’artificiale, che in quegli anni andava di moda.
Il 1971 fu l’anno dove Renato iniziò la sua vera attività alpinistica con l’esecuzione in solitaria della Via Carlesso sul Pasubio e un mese dopo ne fece un’altra via sempre in solitaria mentre nel 1972 assieme a Adriana Valdo, Renato Gobbato, Renzo Timellero, Paolo e Ludovico Cappellari, farà la via Solleder al Sass Maor in inverno, che divennero le caratteristiche del suo modo di vedere e fare alpinismo.
Nel marzo 1973 invece aprì un’altra via alla Torre Trieste in Civetta assieme a Diego Campi e sempre nello stesso anno ideò la via Casarotto-Campi al Soglio Rosso e in agosto, con Giacomo Albiero, fece la traversata integrale del Civetta, con 22 cime e 4000 metri di dislivello per un totale di cinque giorni.
Intanto Renato conobbe Goretta Traverso, che nel 1975 divenne sua moglie e compagna inseparabile delle sue spedizioni.
Nel marzo 1974 fece la prima invernale allo Spigolo Strobel sulla Rocchetta Alta di Bosconero assieme a Diego Campi e Piero Radin e nel dicembre dello stesso anno impiegò cinque giorni per ripetere in solitaria una prima invernale sulla via Simon-Rossi.
L’anno successivo, in febbraio, salì la Adrian-Faè al Civetta, impiegando sei giorni.
Nel 1978 toccò al Monte Bianco dove apre una via sulla parete nord dell’Aiguille Verte, la goulotte Comino-Grassi-Casarotto assieme a Gianni Comino e Gian Carlo Grassi e nell’inverno del 1982 inventò il Trittico del Frêney, una delle sue imprese di maggior rilievo, oltre ad altre vie come la Ratti-Vitali all’Aiguille Noire de Peuterey, la Gervasutti-Boccalatte al picco Gugliermina e la Bonington al Pilone Centrale del Frêney.
Tra il 1982 e il 1983 affrontò da solo il Diedro Cozzolino al Piccolo Mangart di Coritenza impiegando ben dieci giorni.
Nel 1984 ripetè in solitaria e in inverno la via Gervasutti sulle Grandes Jorasses, mentre l’anno precedente aveva aperto la via Casarotto-Grassi al Pic Tyndall assieme a Gian Carlo Grassi.
Casarotto verso la fine degli anni Settanta iniziò a fare le sue prime esperienze all’estero spostandosi in America Latina e in Karakorum.
Il primo successo extraeuropeo che lo consacrò come alpinista internazionale fu la salita in solitaria in soli 17 giorni sulla parete nord dell’Huascarán fatta nel 1977.
Nel 1978 si spostò in California dove compie la sua prima Big Wall mentre nel 1979 andò in Patagonia affrontando in solitaria il pilastro nord-nordest del Fitz Roy.
Renato nel 1979 partecipò come membro della spedizione Messner sul K2, dove Casarotto e Messner tentarono la Magic Line per salire in vetta ma vennero costretti a rinunciare.
A quel punto, mentre Messner decise di salire lo stesso per lo Sperone Abruzzi, Casarotto tornò a casa deluso da quella esperienza.
Gli anni ottanta furono prolifici per Renato Casarotto, nel 1980 ci fu un tentativo fallito di salita invernale del Makalu e nel 1983 superò, in soli sette giorni, il difficile sperone nord sulla nord del Broad Peak Nord
Nel 1985 arrivò in cima al Gasherbrum II assieme a Goretta, facendola diventare la prima donna italiana ad aver raggiunto la cima di un Ottomila.
Casarotto nel 1986 decise di salire il K2 per la cresta sud-ovest in solitaria, ma fu costretto a fermarsi a pochi metri dalla vetta a causa del maltempo, tornò al penultimo campo in quota dove passò la notte e ritentò la salita il girono dopo.
Ancora una volta Renato fu costretto a tornare indietro a causa del maltempo e questa volta decise di scendere.
Il 16 luglio 1986, quando Casarotto ormai era quasi arrivato al campo base a poche ore dalla tenda, un ponte di neve cedette sotto i suoi piedi e lo fece precipitare in un crepaccio del ghiacciaio De Filippi sul versante meridionale del K2.
Con la radio Renato riuscì a chiamare i soccorsi che arrivarono sul luogo immediatamente e riuscirono ad estrarlo dal crepaccio, ma il grande alpinista morì poco dopo tra le braccia di Goretta a causa delle ferite subite dopo la caduta.
Casarotto venne seppellito in un crepaccio e solo nei primi anni del Duemila il suo corpo tornò alla luce, per i movimenti del ghiaccio.
Ora i resti di Renato Casarotto si trovano presso il Memorial Gilkey, al campo base del K2.