Giovanni Gronchi

Un uomo che visse la fine degli anni Cinquanta e l’inizio del miracolo economico…

Giovanni Gronchi nacque a Pontedera, in provincia di Pisa, il 10 settembre 1887.

Laureato in lettere alla Normale di Pisa, Gronchi insegnò tra Parma, Massa, Bergamo e Monza e aderì al Movimento Cristiano di don Romolo Murri.

Dopo la prima guerra mondiale, cui prese parte come volontario, nel 1919 fu uno dei fondatori del Partito popolare italiano di don Luigi Sturzo.

Eletto come deputato di Pisa nelle elezioni del 1919 e del 1921, Gronchi fu chiamato a dirigere la Confederazione dei Lavoratori Cristiani è fu nominato Sottosegretario all’Industria e Commercio nel 1922 fino al Congresso di Torino del Partito Popolare dell’aprile 1923, dove fu decisa la non collaborazione e il ritiro dal Governo dei rappresentanti del P.P.I.

Gronchi riprese cosi la guida dei sindacalisti bianchi, cercando di fronteggiare le violenze delle squadre fasciste di cui le sedi popolari e delle leghe cattoliche erano quotidianamente vittime.

Quando nel 1924 Sturzo abbandonò la segreteria del Partito popolare, assieme a Giuseppe Spataro e a Giulio Rodinò, diresse il partito in un difficile momento storico.

Rieletto deputato nel 1924, Gronchi passò all’opposizione, partecipò alla secessione avvenuta sull’Aventino e decadde dal mandato parlamentare.

Durante la Resistenza divenne membro del Comitato di Liberazione Nazionale e partecipò alla fondazione della Democrazia Cristiana anche se poi, rieletto deputato il 18 aprile 1948 e da sempre favorevole al proseguimento dell’esperienza dell’unità nazionale con i comunisti e i socialisti, si scontrò apertamente con De Gasperi.

L’8 maggio 1948 Gronchi fu eletto Presidente della Camera, incarico che mantenne sino al giorno della sua elezione alla Presidenza della Repubblica, avvenuta il 29 aprile 1955.

Il nuovo presidente aprì il suo settennato con alcuni viaggi all’estero, poi si ritrovò a gestire anni molto complicati dal punto di vista politico, soprattutto per la mancanza di una leadership forte nella Dc e per i tumulti nelle ali estreme degli schieramenti.

Nonostante sostenesse l’entrata nel governo dei socialisti, fu nel settennato di Gronchi che la destra ottenne di appoggiare un esecutivo, per la precisione nel 1957, quando il presidente incaricò Adone Zoli, un gregario della Dc, di gestire un governo monocolore di fine legislatura con l’appoggio del centrosinistra.

Zoli però ottenne la fiducia solo grazie ai neofascisti e rimase in carica per più di un anno, dichiarando però sgradito l’appoggio della destra.

Le cose peggiorarono nel 1960, quando Gronchi incaricò Fernando Tambroni, suo uomo di fiducia, di formare un governo del Presidente, di cui stilò personalmente la lista dei ministri.

Tambroni, contrariamente alle indicazioni di Gronchi, andò a cercare i voti del Msi e grazie a quelli ottenne la fiducia e, in seguito, concesse ai neofascisti di tenere il congresso del partito a Genova. Al congresso seguirono gravi scontri di piazza in tutta Italia con morti e feriti, e Tambroni venne costretto a dimettersi in fretta e furia.

L’episodio segnò irrimediabilmente il mandato di Gronchi, che aspirava a un secondo mandato presidenziale, al punto che cercò il sostegno del presidente dell’Eni Enrico Mattei per una rielezione.

Nelle elezioni del 1962 si candidò contro il suo partito e rimase in corsa per diversi scrutini, senza mai avere però la reale possibilità di vincere.

Divenuto Senatore a vita, quale ex Presidente della Repubblica, Gronchi si iscrisse al gruppo misto, morì il 17 ottobre 1978, a novantuno anni nella sua casa di Roma, ma la notizia passò quasi sotto silenzio, in quanto i giornali erano dedicati all’elezione di papa Giovanni Paolo II, avvenuta il giorno prima.