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Un musicista che venne dal cuore dell’Istria di fine Ottocento…

Antonio Smareglia nacque a Pola il 5 maggio 1854, da Francesco, istro-italiano di Dignano d’Istria e di Giulia Stiglich, istro-croata di Laurana.

Dopo un’infanzia passata a Pola, Smareglia si trasferì per motivi di studio prima a Gorizia, poi a Vienna e infine a Graz.

Nel 1871 s’iscrisse presso il Conservatorio di Milano ed ebbe come insegnante il celebre direttore d’orchestra Franco Faccio, poi conobbe Arrigo Boito e gli ambienti della scapigliatura milanese.

Il suo debutto avvenne al Teatro dal Verme di Milano nel 1879 con l’opera Preziosa, ambientata nella Spagna del Settecento, cui fece seguito Bianca di Cervia, di ambientazione rinascimentale.

Ambedue ricevettero una discreta accoglienza sia da parte della critica che del pubblico, mentre il Re Nala, sullo sfondo di un’India magica e misteriosa, presentato per la prima volta alla Fenice di Venezia nel 1887, fu fischiata dagli spettatori.

Il primo grande successo Smareglia lo ebbe nel 1889 a Vienna, con Il Vassallo di Szigeth, un dramma amoroso nella Germania del dodicesimo secolo, su libretto di Luigi Illica, tradotto in tedesco da Kalbeck, acclamata in molti teatri europei ed anche al Teatro Metropolitan di New York, dove fu rappresentata, in italiano, nel 1890.

Anche la sua opera successiva, Cornill Schut, ambientata nelle Fiandre del Seicento, fu un grandioso successo prima a Praga nel 1893, poi a Dresda, Monaco e Vienna.

Nel 1895 il compositore si impose a Trieste, con Nozze istriane, la sua opera più significativa, su un tragico triangolo amoroso nell’Istria di fine Ottocento, acclamata anche a Vienna e in molti importanti teatri dell’Europa del tempo, ma stentò ad affermarsi nel Regno d’Italia dove fu presentata per la prima volta alla Fenice di Venezia solo nel 1905.

Smareglia in seguito compose La Falena, rappresentata al Teatro Rossini di Venezia il 4 settembre 1897 sotto la direzione di Gialdino Gialdini, con il libretto dello scrittore triestino Silvio Benco, in un lavoro ricco di grandiosità, misticismo e bellezza armonica, sullo sfondo di un Adriatico non ancora colonizzato dai Romani.

La Falena fu la prima di una trilogia di opere che ebbe il suo compimento con Oceàna, ambientata nella Siria dei patriarchi, diretta da Arturo Toscanini alla Scala di Milano nel 1903 e con Abisso del 1914, su un triangolo amoroso nella Lombardia in lotta contro Federico Barbarossa, diretta da Tullio Serafin. Tuttavia l’idea di Benco, accolta da Smareglia, di modernizzare la musica italiana sotto il segno di Wagner si rivelò errata, e questo portò Smareglia in un vero e proprio isolamento culturale.

Nel 1900, per una mal riuscita operazione di cataratta, perse completamente la vista, e le sue due ultime opere vennero così trascritte dal figlio Mario.

Alla morte di Arrigo Boito, Toscanini propose a Smareglia di terminare l’opera Nerone lasciata incompiuta dal grande scrittore e operista padovano ma il compositore, dopo aver ultimato il primo atto, fu inspiegabilmente licenziato, senza spiegazioni, dallo stesso Toscanini.

Poco prima di morire, Antonio Smareglia fece un radicale rifacimento della sua opera Cornill Schut, e la ripropose al pubblico triestino nel 1928 con il titolo di Pittori fiamminghi.

Il compositore morì il 15 aprile 1929 a Grado, affetto da un tumore alla gola e Mario, che era diventato il direttore d’orchestra delle opere del padre, si suicidò nel 1935, forse vedendo che il talentuoso padre era stato dimenticato da tutti.