E’ tra Pavia e Voghera, appena fuori dall’abitato di Castelletto di Branduzzo, nella zona dove una volta erano molto attivi la coltivazione del gelso e l’allevamento dei bachi da seta, poi sostituita dalla coltivazione dei cereali.

Scoprirlo è davvero una sorpresa. La sua imponenza, la sua estensione, la parte padronale e tutto il resto, il parco, gli alberi, il verde e purtroppo la decadenza, la devastazione, l’abbandono che ne hanno fatto un luogo quasi dimenticato.

Un complesso davvero ricco di storia, popolato fino a pochi decenni fa, luogo di lavoro, di produzione agricola. Un piccolo mondo racchiuso da mura che ancora oggi lo proteggono, anche se il tempo e la devastazione hanno creato danni gravi, ma forse non tutto è perduto.

Un luogo che merita di essere salvato perché meglio di un libro, di un saggio, di un articolo racconta la vita di qualche decennio fa.

Maestoso complesso medievale, con due torri minori che seguono il modello del castello visconteo e due torri maggiori ispirate all’architettura sforzesca, con i suoi tratti stilistici e decorativi, soprattutto all’esterno, il castello è ispirato alle cascine – castello dell’architettura rinascimentale lombarda, come la Sforzesca di Vigevano.

Il castello un tempo era di proprietà della nobile famiglia Botta, che visse nel Pavese dal 1298, e nei primi secoli dovevano pagare una somma al precedente proprietario, con l’obbligo di mantenere in buono stato la proprietà.

Solo intorno al 1400 il territorio venne ceduto definitivamente ai Botta, che modificarono profondamente il castello, conservando però le torri squadrate e le solide mura, con le splendide decorazioni nell’entrata principale, oggi in discreto stato di conservazione.

Nel castello si trovavano grandi scuderie, un ampio giardino, un porticato e vasti edifici agricoli, che lo rendevano un piccolo centro abitato, dove vivevano centinaia di persone.

Con il Rinascimento il maniero visse gli anni di massimo splendore, grazie anche a Bergonzio Botta, tesoriere generale del ducato di Milano, che s’impegnano in una serie di opere di deviazione del Po con l’aiuto di Leonardo Da Vinci, suo grande amico.

La deviazione del fiume Po non solo diedero a Bergonzio una grande fama, ma gli permisero anche di avere numerosi riconoscimenti economici e terreni.

Nel castello si tenne una grande festa in onore del matrimonio di Gian Galeazzo Sforza, nipote di Ludovico il Moro, con Isabella d’Aragona.

La prosperità del castello durò fino al Cinquecento, fino a quando la famiglia Botta, grazie a una serie di matrimonio, si imparentò con la potente famiglia genovese degli Adorno, che si estinse nel 1634.

Oggi il castello è di proprietà dei conti Parrocchetti Piantanida, ma la sua decadenza continua da trent’anni, dal momento in cui sono spariti i fondi per una manutenzione di tipo ordinario e poi straordinario, che erano prima forniti dai proventi della conduzione del fondo agricolo, che sono sempre meno ogni anno.

Il degrado del castello è stato aggravato da una serie di furti e atti vandalici, come lo strappo dei preziosi tondi quattrocenteschi di terracotta, spesso citati nei manuali di architettura.