Annibale, condottiero cartaginese, studiato a scuola praticamente da tutti, visto con i suoi leggendari elefanti, passò da Casteggio, nell’Oltrepò Pavese.

Le dolci colline dell’Oltrepò Pavese, alla periferia di Casteggio,  nel 222 furono  al centro di un’epica battaglia tra i Romani e i Galli Insubri celebrata da una tragedia di Gneo Nevio, e proprio in quel punto,  si trova la Fontana di Annibale dove, secondo la leggenda, si sarebbero dissestati gli elefanti di Annibale durante la seconda guerra punica.

La fonte era già utilizzata dagli abitanti del luogo ben prima della venuta di Annibale in Italia, ma il suo rivestimento in muratura risale all’epoca medioevale.

Composta da una volta in mattoni collegata con la romana Cloaca massima, la fontana è stata restaurata in passato, precisamente nel 1857, e anche recentemente.

Ma come mai Annibale con il suo esercito si trovò a passare per le colline dell’Oltrepò Pavese?

Avvenne dopo l’assassinio di Asdrubale  nel 221 a.C.,  quando il comando dell’esercito finì al figlio Annibale, che aveva un solo sogno, rendere nuovamente Cartagine la maggiore potenza del Mediterraneo e annientare Roma.

Nel 218 a, C. attraversato il Po all’altezza di Piacenza, Scipione pose il campo sulla riva occidentale del Ticino, vicino all’attuale Casteggio, costruendo un ponte di barche sul fiume, poi decise di andare in esplorazione guidando di persona la cavalleria e alcuni reparti di fanteria leggera, ma Annibale, che si era accampato poco lontano, fece lo stesso.

La battaglia sul Ticino, anche se gli storici dicono che fu solo una scaramuccia, fu violentissima e fu risolta solo con una manovra di accerchiamento da parte dei temibili cavalieri numidi, che ebbero la meglio su quelli romani.

Lo stesso Scipione, gravemente ferito, fu salvato dal figlio appena diciassettenne, Publio Cornelio Scipione, poi diventato noto come l’Africano, che caricò i nemici alla testa della sua guardia personale.

Il distaccamento romano si ritirò verso il campo utilizzando il ponte di barche sul Ticino, poi distrutto per iniziativa di Scipione figlio, allo scopo di impedire ai cartaginesi di fare ulteriori danni.

Subito dopo Scipione padre ordinò alle legioni di abbandonare Piacenza per ripiegare a sud e porre il nuovo accampamento oltre il Trebbia a ridosso degli Appennini, in una zona collinare più difendibile.

La sconfitta romana, anche se poco importante, portò alla decisione delle reclute galliche di lasciare il campo romano per unirsi ad Annibale, che nel frattempo era entrato a Casteggio per cercare viveri per il suo esercito.

Alla fine di dicembre, mentre Annibale poneva il campo ad appena sei miglia dall’altra sponda del fiume, sulle rive del Trebbia arrivò Sempronio con i rinforzi, ma poco tempo dopo anche lui, proprio in quei luoghi, ebbe una schiacciante sconfitta da parte dei Cartaginesi.

Con la momentanea sconfitta dei Romani e la caduta della colonia di Piacenza, Casteggio divenne indipendente, ma nel 197 a.C. il console Quinto Minucio Rufo costrinse i Liguri alla resa, poi, forse per punire una ribellione, rase al suolo la città.

Il destino di Annibale, dopo una serie di straordinarie vittorie presso la Trebbia, il lago Trasimeno, in Umbria, e la pianura di Canne, in Puglia, fu segnato da Scipione l’Africano, che nel 202 a. C lo sconfisse a Zama, vicino a Cartagine, ponendo fino a quello che era stato un lungo calvario per i Romani.