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Un simpatico ragazzo di provincia, che seppe travalicare il mondo del Carnevale per diventare il simbolo della Roma napoleonica…

Meo Patacca, la più nota maschera romana, fece il suo debutto verso la fine del Seicento, nel ruolo di un soldato, sempre pronto a battersi e a raccontare spacconate.

Il suo nome deriva dalla patacca, il soldo che costituiva la paga del soldato, indossa calzoni stretti al ginocchio, una giacca di velluto strapazzata e per cintura una sciarpa colorata nella quale è nascosto un pugnale, mentre i capelli sono raccolti in una retina dalla quale sporge un ciuffo.

Dopo un periodo di oblio, legato a una lunga censura da parte delle autorità nel corso del Settecento, Meo Patacca riacquistò la sua popolarità nell’Ottocento, grazie alla diffusione del poemetto Roma in feste ne i Trionfi di Vienna di Giuseppe Berneri (1637 – 1700)

L’opera, scritta nel dialetto romanesco del 1600, è un importante documento sia sulla lingua parlata a Roma in quel periodo, sia per comprendere meglio il tipo di vita della città in quegli anni difficili.

Ambientata nel 1683, il poemetto racconta la storia di un popolano bravo con le armi, che, alla notizia dell’assedio di Vienna, mentre l’esercito ottomano di Kara Mustafa Pasha cinge con le sue truppe la capitale austriaca, decide di organizzare una sua spedizione in aiuto della città.

Subito prima della partenza giunge però la notizia che Vienna è libera dall’assedio e il denaro raccolto viene così usato per organizzare i festeggiamenti.

Nell’ultimo Canto c’è la cronaca del fanatismo religioso dell’epoca poiché, con un futile pretesto, viene assediato il ghetto con l’accusa agli ebrei di aver aiutato i Turchi.

Particolarmente importanti nel poemetto sono le descrizioni dei posti, delle usanze, delle abitudini e dei costumi del popolo Romano.

Il poema, scritto in 1245 ottave, suddivise in XII canti, fu pubblicato nel 1695 e nel 1823 uscì Il Meo Patacca o vero Roma in feste nei trionfi di Vienna. Poema giocoso nel linguaggio Romanesco di Giuseppe Berneri. Romano Accademico Infecondo. Edizione seconda, arricchita di 52 tavole inventate ed incise da Bartolomeo Pinelli romano in Roma, presso L. Fabri in Via Capo le Case n° 3, edizione principe dell’opera.

Nel 1835 al teatro Pallacorda andò in scena Un pranzo a Testaccio o Il matrimonio di Marco Pepe, che prendeva spunto dal Meo Patacca del poemetto, poi interpretatò da due famosi attori, Annibale Sansoni e Filippo Tacconi detto il Gobb”.

Dall’opera sono stati tratti, oltre a diversi spettacoli, un film di Marcello Ciorciolini interpretato, tra gli altri, da Mario Scaccia e Gigi Proietti.