Castellania, sulle colline tortonesi e il mondo ricordano oggi Fausto Coppi, il Campionissimo. Avrebbe avuto 100 anni, ma gliene sono bastati molto meno per essere indimenticabile.

Una storia umana e sportiva quella di Coppi, che si dipana, proprio a tappe per tutta l’Insubria, come se fosse un Giro o un Tour, toccando gli angoli più estremi della regione.

Dalle colline di Quarna Sotto, 800 metri d’altezza sul Lago d’Orta, a una decina chilometri da Omegna, paese originario della famiglia, per arrivare alla natia Castellania sui colli tortonesi. Passando per Milano, Legnano, Busto Arsizio, il Lago Maggiore, Varese, Varano Borghi e Lugano.  

Non solo luoghi ma soprattutto persone, che hanno segnato le tappe principali della sua carriera e della vita privata. Uomo dai modi semplici, educato ed elegante, timido, per non dire schivo, un qualcosa di malinconico, ma emanava carisma.

Fisico asciutto, nervoso, slanciato col viso segnato dalla fatica e dalle privazioni del tempo ma illuminato da due occhi magnetici, seppe infiammare l’Italia dell’immediato secondo dopoguerra, non solo per i suoi successi, le sue imprese, per la sua leggendaria rivalità sportiva con Gino Bartali, ma anche per la sua complicata vita sentimentale, che lo rese anche uno dei primi personaggi al centro del gossip.

Un Campionato del modo su strada, primato mondiale dell’ora senza allenatori, due titoli mondiali dell’inseguimento, cinque Giri d’Italia, due Tour de France, cinque Giri di Lombardia, tre Milano- Sanremo, Parigi-Roubaix, Freccia Vallone, cinque campionati italiani dell’inseguimento, tre titoli della strada, due GP delle Nazioni, tre Giri di Romagna, dell‘Emilia, del Veneto, tre volte la Tre Valli Varesine, il Trofeo Baracchi. Tappe al Giro e al Tour.

Complessivamente Coppi vinse 122 corse, indossò la maglia rosa per 31 giorni e la maglia gialla del Tour per 19.

Con Il Grande Torino, è stato il simbolo della rinascita italiana dalle macerie della guerra.

E guarda caso era nato nello stesso anno del grande Valentino Mazzola, classe di ferro…

Il cantore radiofonico fu Mario Ferretti. Il marchio di fabbrica delle imprese coppiane è proprio il suo: “Un uomo solo al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi”.

E’ l’apertura del collegamento radiofonico della mitica tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d’Italia del 1949, dove Coppi, segnò una delle imprese più memorabili della storia del ciclismo.

Quello sulla carta stampata fu invece il milanese Orio Vergani, uno dei più importanti giornalisti italiani, che per lui scrisse l’ode funebre, con l’incipit: “Il grande airone ha chiuso le ali…”

Due persone segnarono in modi diversi la sua vita, suo fratello Serse e la Dama bianca.

L’amatissimo fratello il 29 giugno 1951 mentre correva il Giro del Piemonte, a poche centinaia di metri dall’arrivo al Velodromo di Corso Casale, mentre preparava la volata cadde e picchiò la testa contro il marciapiede.

Dopo pochi secondi dopo si rialzò, apparentemente senza aver subito conseguenze, ma due ore dopo, in albergo, iniziò a lamentarsi di forti dolori alla testa e venne condotto in una clinica, ma ormai era troppo tardi, Serse morì in seguito a un’emorragia cerebrale a soli 28 anni.

Fausto meditò il ritiro definitivo, ma poi ricomincio a correre anche nel nome di Serse.

La seconda persona fu Ilaria Occhini, la Dama Bianca. Per il loro amore andarono contro le consuetudini del tempo, le critiche, la magistratura.

Due aspetti di un uomo che non è stato solo Il Campionissimo, ma un fratello dilaniato dal dolore, un uomo innamorato, un padre affettuoso per Marina e Faustino.